di Gaetano Perricone

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Questo brano è tratto dal libro che, con entusiasmo e passione, ho scritto 15 anni fa per raccontare il mio colpo di fulmine, da palermitano – “forestiero” venuto a vivere alle sue pendici per lavoro -, per la meravigliosa Muntagna, poi divenuta Patrimonio Mondiale dell’Umanità grazie anche al mio umile contributo. E’ una vera e propria dichiarazione d’amore per l’Etna, con parole che scriverei assolutamente identiche oggi, anche di fronte agli eventi che tutti conosciamo. Mi piace molto riproporle, per festeggiare su questo blog i vent’anni già trascorsi della mia “seconda vita” sul più alto vulcano attivo del continente europeo, ma anche per trasmettere (o ritrasmettere) queste sensazioni uniche – e soprattutto questo fondamentale messaggio – a chi non lo conosce e non ha la fortuna e il grande privilegio di convivere con Idda.

Ecco il brano, in forma di deferente dialogo e omaggio con la Muntagna, come tutto il libro.

(da “La mia Etna. Dialogo con la Muntagna. Luoghi, storie, personaggi”. Giuseppe Maimone Editore, novembre 2004. Pagine 8-11)

Il mio amore per te, folgorante e costantemente crescente, è scoppiato circa 7 anni fa. Meraviglioso come l’amore per una donna ricca di fascino e di personalità superiore, della quale non puoi fare a meno di invaghirti. Intrigante, come l’amore per una donna che sai perfettamente che ti tradirà e ti angoscerà, ma finirà comunque per dimostrarti il suo affetto. Avvincente e allo sresso modo inquietante, come l’amore per una donna che ti va mostrando, continuamente ed imprevedibilmente, aspetti diversi della sua essenza e del suo carattere. Caldo, come tu sei dentro.

Perricone sull'Etna

Mi sono innamorato di te, dicevo, quasi sette anni addietro. Quando, nel mezzo del cammin della mia vita, mi sono improvvisamente ritrovato a convivere con te e con tutto quello che tu rappresenti per il modo di essere e di pensare di qualunque essere umano che abbia avuto, come me, la fortuna di un “incontro ravvicinato” con la signora Etna, la “pindarica” colonna del cielo. Una signora ancora giovane, dicono i suoi studiosi, nonostante qualche ruga di troppo: quasi seicentomila anni, un’età non elevatissima per quelle particolari montagne che si chiamano vulcani. Fu allora che emettesti i tuoi primi vagiti, cioè le tue prime manifestazioni eruttive.

Avrei dovuto odiarti, o quantomeno provare per te fastidio o addirittura soggezione, per tutto quello che mi hai fatto passare in questi anni intensissimi, pieni, forse come mai accaduto prima (mi dicono gli altri tuoi innamorati, che con te hanno un legame più lungo e già ben consolidato), di eventi legati alla tua natura del tutto particolare. Ho visto e sentito di tutto: boati e terremoti, ridondanti fiumi di lava e surreali – almeno così credevo – piogge di cenere, tempeste di neve e perfino trombe d’aria. Hai fatto alla grande il tuo mestiere di vulcano, hai lavorato tantissimo, in questo periodo, tu che di solito ti addormenti a lungo, riposando le tue maestose forme per anni e anni.

Ma non ti ho affatto odiato, neanche per un momento, anzi. Il mio amore e rispetto per te è invece continuamente cresciuto, così come l’umile curiosità di un uomo, giornalista di vecchia data per giunta e dunque ancora più curioso, sempre più affascinato dalla grande opportunità di potere vivere “in diretta” eventi di rara intensità emotiva e che dunque non smette mai di volerti conoscere più a fondo.

1 PARCO 23 Aprile 2017

Mi hanno chiesto e mi chiedono in tanti se ho mai avuto paura di te: ho sempre risposto e continuo sempre più a rispondere no, lo faccio in maniera assolutamente convinta, non certo per fare lo spavaldo o per esorcizzare i fantasmi di un’angoscia inconsapevole. Chi abita da queste parti, mi ha quasi fatto il “lavaggio del cervello”, nelle fasi iniziali della nostra convivenza, raccontandomi che tu sei un vulcano buono, non soltanto perché è questa la tua fisiologia, ma anche perché in realtà, nella tua storia interminabilmente lunga e destinata a durare in eterno, hai fatto tutto sommato poche vittime … Tutto questo, da parte mia, l’ho abbondantemente verificato in questi primi anni di vita con te: gli unici eventi luttuosi sull’Etna, in questo periodo, si sono verificati per la inaccortezza delle vittime, spesso disperse per la scarsa frequentazione con la Muntagna, o per incidenti banali, eventi in ogni caso rimasti circondati da un alone di mistero, come si addice a tutte le storie che hanno uno scenario da mito, appunto il tuo scenario.

Ecco perché, ripeto, quando mi chiedono – e lo fanno quasi tutti (anche oggi, dopo vent’anni della mia seconda vita etnea, n.d.r.) – se sono in qualche modo preoccupato per questa nostra convivenza, nata per caso nella vita e che sicuramente mai avrei potuto immaginare, rispondo no, con decisione e consapevolezza. Esattamente come quei dolcissimi bambini di una scuola del territorio che una volta ho fatto intervistare dall’inviata di un noto rotocalco televisivo, che cercava forse da loro risposte angosciate.

Sull'Etna con il mio "amico della vita" Francesco Palazzo
Sull’Etna con il mio “amico della vita” Francesco Palazzo

Ed invece quei piccoletti, bambine e bambini pieni di gioia di vivere, hanno risposto con grande serenità, lasciando di stucco la tendenziosa intervistatrice, come tutti i veri tuoi figli: no, l’Etna non ci fa paura, l’Etna è per noi come una mamma, che sa essere generosa quando ci dispensa i frutti della sua meravigliosa natura e severa quando ci ricorda che, davanti alla potenza di questa natura, siamo tutti infinitamente piccoli.

Questa grande lezione di vita l’ho imparata a fondo e cerco sempre di ricordarla quando ho l’umana tentazione di sentirmi ben più grande di quanto non sia in realtà, Tu, che mi guardi dall’alto in basso, che mi fai in qualunque momento sentire il peso della tua maestosità, mi ricordi ogni giorno che le cose stanno in modo ben diverso: siamo tutti tanto, ma tanto piccoli di fronte alla grandezza della natura.

E in questi ancora pochi, ma già mi sembrano moltissimi anni che abbiamo vissuto quasi in simbiosi, lo hai prepotentemente ricordato anche a coloro che, con estrema presunzione e arroganza, hanno provato a sentirsi grandi come e più di te. Regalandomi in queste particolari circostanze, te lo voglio confessare pubblicamente, una sadica soddisfazione interiore …”.

 

 

Gaetano Perricone

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