di Santo Scalia
Prima c’era n’era solo uno, il Cratere.
Col tempo al Cratere si affiancò una nuova bocca che, data la sua ubicazione, fu chiamata Cratere di Nord-Est. Era il 1911, e da allora per identificare il cono principale si parlò di Cratere Centrale; mentre la nuova bocca, secondo la terminologia e le convenzioni adottate in vulcanologia, fu chiamata Cratere subterminale di Nord-Est.
Cinquantasette anni dopo, nel 1968, nell’area della terrazza craterica del cratere centrale si aprì una nuova depressione – la Bocca Nuova – che negli anni successivi si allargò sempre di più, fino ad intaccare l’orlo dello stesso Cratere Centrale, quello definito La Voragine.
Altri crateri formatisi in zona sommitale hanno avuto vita effimera; ricordo a tal proposito il Cratere del ’64, fagocitato successivamente dalla Bocca Nuova; il cosiddetto Sudestino, generatosi nel marzo del 2000 e che cessò di essere attivo in seguito al parossismo del 16 aprile 2000; il Levantino (da alcuni informalmente denominato anche come Nordestino), nato nel corso dei parossismi di aprile-giugno 2000.
Come già esposto trattando dell’eruzione del 1971, in quell’anno, sul piede sud-orientale del Gran Cono si aprì una nuova depressione: era il 18 maggio, mezzo secolo fa. Proprio in quel giorno, mentre una processione religiosa partita dal paese di Sant’Alfio – con in testa il Parroco e le autorità comunali – portava le reliquie dei Santi Protettori (Alfio, Cirino e Filadelfo) verso il fronte lavico per invocare il miracolo, «[…] alle 8,15, cioè esattamente dieci minuti dopo che s’era mosso il pellegrinaggio dei fedeli con le reliquie […]» ci fu un’esplosione.
La foto accanto, pubblicata dal quotidiano La Sicilia il giorno successivo, ci mostra il momento in cui, alla base del Cono Centrale, si genera la colonna di cenere che segna l’apertura della nuova bocca.
E’ il Corriere della Sera del giorno dopo che ci dà i dettagli dell’evento: «[…] a quota tremila (cioè nei pressi dell’osservatorio vulcanologico distrutto mesi addietro dalla lava), si è verificata un’esplosione con emissione di un enorme pennacchio di fumo. […] Nel pomeriggio, però, verso le 15, il pennacchio di fumo ha cominciato a ridursi […]».
Era nato un nuovo cratere sull’Etna: quello che sarebbe diventato il Cratere subterminale di Sud-Est.
Il Professor Alfredo Rittman (allora direttore dell’IIV – Istituto Internazionale di Vulcanologia di Catania) inviò una nota allo Smithsonian (istituto di istruzione e ricerca, gestore del GVP, Global Volcanism Program): «Nella prima mattinata di oggi [18 maggio n.d.A.] un abisso del diametro di circa 200 metri si è formato nel luogo dove un modesto complesso eruttivo (alla base orientale del Cratere Centrale, ad un’altezza di circa 2900 metri) si era installato il giorno 4 di questo mese. Sono state espulse spettacolari e violente colonne di cenere, accompagnate da emissione di vapori bianchi […]».
Alle notizie trasmesse dal Prof. Rittman si possono ben accompagnare le fotografie realizzate dal Dott. Carmelo Sturiale (ϯ1988) dell’Istituto di Vulcanologia dell’Università di Catania, e dal Prof. Jean-Claude Tanguy, dell’Institut du Globe de Paris – Observatoire de Saint-Maur.
[Foto di Carmelo Sturiale (dal sito internet www.italysvolcanoes.com pubblicate per gentile concessione del Dott. Giovanni Sturiale). Foto di Jean-Claude Tanguy (pubblicate per gentile concessione del Professore)]Da quel giorno, quello della sua nascita, il neo-cratere non diede più segni di vita; tanto che il quotidiano La Sicilia, nel commento alla pubblicazione di una foto aerea, definì cratere declassato l’ultimo nato: «Il cratere, così, ha finito di essere tale, riducendosi ad una semplice, seppur vastissima, voragine».
Trascorsero gli anni, e il pit-crater (cratere a pozzo) si riempì parzialmente col materiale franato dalle pareti, mentre i suoi bordi si smussavano ed il suo diametro si accresceva.
Finchè… trascorsi quasi sette anni, il 29 aprile del 1978, avvenne qualcosa di nuovo: già dal mese di luglio del 1977, al Cratere subterminale di Nord-Est, si erano verificati 18 episodi eruttivi, tanto che il 29 marzo il quotidiano La Sicilia annunciava che – per la prima volta nella storia dell’Etna – il Cratere di Nord-Est aveva superato in altezza il Cratere Centrale, raggiungendo i 3350 metri.
Quel giorno un’intensa attività eruttiva cominciò presso il cratere di collasso (ancora senza nome) formatosi nel corso della seconda fase dell’eruzione del 1971: stavolta però, oltre alla cenere era presente anche del magma, come testimoniato dalle foto dell’amico Pippo Scarpinati (che ringrazio per averne concesso la pubblicazione):
Fu la prima di tre eruzioni che avvennero nel 1978, e che si protrassero fino agli inizi di giugno.
Intanto i quotidiani continuarono a parlare di attività “alla bocca apertasi nel ’78”.
Fu solo qualche giorno dopo, il 24 luglio, che finalmente anche la stampa riconobbe che l’Etna aveva adesso un nuovo cratere: il Cratere subterminale di Sud-Est.
Da allora, non si contano più le manifestazioni eruttive prodotte da questo cratere. E’ cresciuto in altezza, si è clonato, generando un nuovo cono gemello adiacente all’originale, quello che fu inizialmente denominato Nuovo Cratere di Sud-Est (NSEC). Ha prodotto attività da svariate bocche, sul lato orientale, nella sella tra i due crateri (vecchio e nuovo sud-est), da piccole nuove bocche di volta in volta identificate con nomi anche coloriti (Puttusiddu etc.). Come già accennato, altri crateri satelliti sono nati nelle sue immediate vicinanze: il Sudestino ed il Levantino, ma hanno avuto vita breve.
Ma soprattutto, recentemente, il Sud-Est è stato protagonista delle attività che, con cadenza quasi regolare, da metà febbraio agli inizi di aprile 2021, hanno dato luogo ad una serie di parossismi (ben 17 episodi eruttivi).
Inoltre è da sottolineare che proprio dal Cratere di Sud-Est hanno avuto origine ben 11 flussi piroclastici, fortunatamente tutti senza che si siano registrati danni alle persone: il primo ad aprile del 2003; poi uno nel 2006; due nel 2013; uno rispettivamente nel 2014 e nel 2015; due nel 2020 e tre già in quest’anno!
Oggi sono trascorsi cinquant’anni dalla sua nascita: quindi… auguriamo “Buon compleanno” al Cratere di Sud-Est, che con la sua vivacità, messa in evidenza anche nel corso degli ultimi mesi, non dimostra di avere già mezzo secolo sulle spalle!
Dell’evoluzione del Sud-Est ha già trattato su questo blog, con precisione e dovizia di particolari, Boris Behncke, ricercatore presso l’Osservatorio Etneo, sezione di Catania dell’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia). Per una informazione più completa si rimanda all’articolo.
Un doveroso ringraziamento, per aver concesso la pubblicazione delle foto, va agli amici Jean-Claude Tanguy, Giovanni Sturiale e Pippo Scarpinati.
Con il titolo: il Cratere di sud-Est nel 2006 (Foto S. Scalia)
Commenti recenti