di Antonella De Francesco
Se almeno si fosse trattato solo di un film, sarei potuta uscire dal cinema con una speranza, ma invece è tutto vero quello che viene raccontato nell’ultimo film diretto dal regista australiano Craig Gillespie, dal titolo Tonya, che narra la storia che coinvolse la campionessa di pattinaggio sul ghiaccio, Tonya Harding e l’avversaria Nancy Kerrigan, cui un ignoto ruppe il ginocchio prima di gareggiare, nel 1994 alle Olimpiadi Invernali di Lillehammer, in Norvegia.
Un biopic sportivo che, oltre a narrare una vicenda che negli anni ottanta ebbe una forte eco tra gli sportivi e non solo, ci restituisce uno spaccato realista, nitido e agghiacciante dell’America delle periferie, delle famiglie disagiate, della dura vita di un atleta, della violenza che l’essere umano è capace di perpetrare anche ai danni dei suoi stessi consanguinei. Un film in cui non sarà difficile scorgere tratti di quelle parabole di ascesa e declino degli emarginati del cinema di Scorsese, gli stessi virtuosi e precisi movimenti di macchina , intenti a riprendere antieroi emarginati, a volte mediocri, che eccellono solo per cinismo e violenza. Un modo per dare voce, dopo tanti anni , alla popolarissima campionessa di pattinaggio sul ghiaccio più amata e odiata d’America, magistralmente interpretata da Margot Robbie, dimostrando quanto sia importante nel definire la “verità “ il punto di vista, di chi c’era e di chi racconta.
Resterete sopraffatti dalla tensione emotiva di immagini che si susseguono senza fine, alternando prodezze sportive a meschini e inaccettabili violenze domestiche, fisiche e psicologiche. Piroette e orrori che vi invilupperanno lasciandovi stritolati e piegati come dopo un durissimo allenamento, dove non metterete alla prova il vostro fisico ma la capacità di restare seduti inermi, senza poter intervenire a cambiare il corso della storia. Una storia di forza e di riscatto, una storia di brutture, di non amore e di ingiustizie a tutti i livelli, un mondo dove l’immagine conta più della sostanza e finisce col penalizzare soprattutto chi non intende piegarsi alla logica del “devi essere come ci si aspetta che tu sia“.
Le rinunce di chi possiede un dono e sacrifica tutta la sua vita per raggiungere un obiettivo: riuscire a fare quello che altri atleti non sono riusciti a fare, sentirsi al centro della folla in delirio che ti adora e dopo qualche anno ti ha già dimenticata. Tonya paga per tutto in modo spropositato, con l’ingenuità di una bambina mai cresciuta, che trasforma la violenza in adrenalina da scaricare sulla pista di pattinaggio, dove la magica bellezza delle sue figure di danza non convenzionali annulla, almeno dentro di lei, tutte le brutture che ancora la attendono fuori da lì.
Da vedere, ma solo se siete disposti a ricevere un fortissimo pugno allo stomaco.
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