di Antonella De Francesco 
Non mi ha convinto molto l’ultima prova di Pedro Almodovar nel suo film Madri parallele, ma almeno mi ha dato la conferma che il regista sopra le righe e a tratti volutamente grottesco che tanto amavo, non esiste più. Cessati i dialoghi estenuanti di donne e madri sofferenti ed esasperate che si parlavano addosso, ci ritroviamo di fronte a dialoghi stentati e a volte scontati che lasciano molto allo spettatore e alla sua buona volontà .
Il film trae spunto da un’idea non originale, ma che per certi versi, ad un certo punto della narrazione, parrebbe condurre verso il tema di grande attualità delle coppie omosessuali e della possibilità di essere genitori madri e/o padri . Ma poi invece la storia prende una piega diversa, cercando l’anelito corale di una Spagna che ancora piange i morti ad opera del Franchismo .
Tutto resta accennato, poco coinvolgente, per nulla emozionante, mentre invece, a discapito della triste constatazione per cui la pandemia ha elevato la nostra soglia di indifferenza, credo che oggi ci sia più bisogno di parole, di dialogo, di cuore, di empatia anche per immagini.
Il film è pieno di spunti interessanti (dalla maternità in età diverse, all’importanza della scienza nella ricerca del Dna, dallo stupro non denunciato, alla perdita di genitori e figli, al concetto di madre in senso universale) che però non si incastrano: fili paralleli che restano tali come le madri del titolo.
Bellissima Penelope Cruz che si presta a primi piani davvero incantevoli .

Antonella De Francesco

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