di Daniele Musumeci
Metto subito le cose in chiaro: provo rabbia e dispiacere perché l’altro ieri si è sfiorata la tragedia sull’Etna. Dieci feriti, tutti lievi, gente che si è trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato. Poteva andare peggio, avremmo potuto leggere di feriti gravi o, peggio, di morti. Il video della BBC sta facendo il giro del mondo con milioni di visualizzazioni. Il rischio più evidente è che l’Etna intimorisca futuri turisti ed escursionisti e venga appellato come vulcano “cattivo”.
L’Etna non è né buono né cattivo, è semplicemente uno dei vulcani più attivi del mondo e come tale va considerato, compreso e rispettato. Quando ciò non accade i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Senza contare la disinformazione: un sito ha titolato dell’esplosione di un cratere e a ruota libera molte altre agenzie hanno riportato la notizia errata nel giro di pochi secondi. Forse siamo veramente nell’era della post-verità, non importa la veridicità della notizia, vale la notizia sensazionalistica, condivisibile dalla massa di utenti digitali senza che nessuno o quasi si interroghi su fatti. La velocità non è sinonimo di qualità, ma è certamente fautrice di disinformazione dannosa e inutile, spazzatura del web.
L’incidente era evitabile e le sue conseguenze circoscrivibili? Certamente. Al di là delle facili critiche, se si decide di far pagare i turisti per l’accompagnamento delle guide, perché non equipaggiarli meglio anche con un semplice caschetto? Questo appunto vale anche per vulcanologi, troupe televisive ed esperti vari ed eventuali. Probabilmente non si sarebbero evitate certe fratture, ma ci sarebbe stata qualche escoriazione in meno. Con troppa boria e confidenza ci si relaziona oramai con fenomeni naturali assolutamente affascinanti e innocui se osservati e contemplati col giusto rispetto. Si tratta dello stesso umore che ha portato, inutilmente, a moltiplicare i crateri sommitali a quattro, cinque… e adesso magari a sei col nuovo cono di scorie che il Cratere di Sud-Est sta edificando con le attività di questi mesi?
Basterebbe affermare che l’Etna possiede tre apparati craterici sommitali dalla morfologia e dal comportamento complesso: il Cratere Centrale, il Cratere di Nord-Est e quello di Sud-Est. Si è perso anche il senso e la definizione terminologica di eruzione: su internet tutti pronti ad invocare parossismi, episodi eruttivi, attività che terminano ed iniziano a proprio uso e consumo.
Negli ultimi decenni l’Etna è diventato un vulcano digitale, la smania di postare foto ed invocare apocalissi ad ogni sbuffetto di cenere e dopo ogni degassazione un po’ più intensa del solito, è indice del grado di nevrosi degli abitanti locali. Così non va. Bisogna darsi una calmata, si avverte l’esigenza di ridimensionarsi. Le frequenti attività etnee dovrebbero insegnarci la bellezza della natura, la complessità di un sistema termodinamico che collega l’interno della Terra con il suo esterno. Non dovremmo parlare di feriti, di divieti, di terminologie ad muzzum solo per il piacere di aprire bocca e far vedere al mondo che esistiamo e siamo bravi.
Continuano a latitare un’etica e un amore per una delle montagne vulcaniche più belle di questo pianeta. La speranza, ultima a morire da tempo immemore, è che appassionati, guide ed esperti imparino dai propri errori e dalle “lezioni” del vulcano. Intanto l’attività continua beatamente ignorando critiche e scalpori, mostrandoci un incomparabile spettacolo che ci sovrasta in altezza e profondità da centinaia di migliaia di anni.
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