FONTE: INGVVULCANI
di Stefano Branca
Esattamente 90 anni fa e un giorno fa, fra il 6 e il 7 novembre del 1928, la cittadina di Mascali che sorgeva nel basso versante orientale dell’Etna fu cancellata dalle mappe topografiche a causa di una colata lavica che la sommerse. L’eruzione del 1928 costituisce l’unico evento eruttivo, dal XVIII secolo ad oggi, che ha causato la distruzione di un centro abitato dell’Etna. La città di Mascali ha una storia millenaria. Il toponimo appare per la prima volta in una epistola inviata nel 593 d.C. dal Papa Gregorio Magno al Vescovo di Taormina, ai monaci residenti nel monastero di Sant’Andrea ubicato “super Maschalas”.
Con l’arrivo in Sicilia dei Normanni, l’isola fu liberata dalla dominazione araba e il vasto territorio di Mascali, che si estendeva dal Mare Ionio fino alla sommità del vulcano, venne donato nel 1124 dal re Ruggero II al vescovo di Catania Maurizio, col titolo di barone. Nel 1543 il vescovo Nicola Maria Caracciolo fu nominato Conte di Mascali dall’imperatore Carlo V, e avviò una rapida trasformazione del territorio.
La Contea di Mascali divenne una delle più floride realtà economiche e sociali della Sicilia, anche grazie alla esportazione del vino, che dal porto di Riposto raggiungeva le principali città europee. Lo sviluppo economico fu accompagnato da un vertiginoso incremento demografico e dalla nascita di nuovi centri abitati (Giarre, Riposto, Milo, Sant’Alfio) che a partire dal 1815 chiederanno ed otterranno l’autonomia dall’antica città madre decretando di fatto la fine della Contea.
Nel 1928 la città di Mascali sorgeva in collina, a 120 metri di quota, e contava circa 3.000 abitanti, dediti alla coltivazione delle campagne e alla trasformazione degli agrumi in citrato di calce e in essenze nei numerosi stabilimenti industriali. Aveva già subito una devastazione quasi completa con il terremoto del 1693, che aveva raso al suolo la città. I principali edifici pubblici, religiosi e civili, erano stati costruiti dopo quel terremoto.
L’eruzione del 1928 segnò la fine della storia plurisecolare del centro etneo. Sul versante nord-orientale dell’Etna il 2 novembre si formò un sistema di fessure, sia eruttive che secche, lungo complessivamente 7,7 chilometri e orientato secondo la direzione ENE-OSO. L’eruzione fu preceduta e accompagnata da un’intensa attività esplosiva al Cratere di Nord-Est (figura 1). Quello stesso giorno si formò il primo segmento della fessura eruttiva nella Valle del Leone, ad una quota di 2600 metri sul livello del mare (s.l.m.). La fessura, lunga appena 450 m, restò in attività per poco meno di un’ora producendo una piccola colata lavica.
Il 3 novembre si aprì il secondo segmento della fessura, lungo 3,2 chilometri, in località Serra delle Concazze, fra 2300 e 1560 metri s.l.m.. Questo segmento fu attivo per circa 20 ore e produsse una colata lavica che distrusse parte del bosco della Cerrita e della Cubania, raggiungendo una lunghezza di 3,8 chilometri (figura 2).
La sera del 4 novembre si aprì il terzo segmento della fessura, lungo appena 100 metri, a una quota ancora inferiore (1200 metri s.l.m.), in località Ripa della Naca. La colata che si originò da quest’ultimo segmento fu fortemente condizionata dal reticolo idrografico del torrente Pietrafucile. Alle undici e trenta del 5 novembre la colata aveva raggiunto una lunghezza di 6 chilometri e una velocità di avanzamento di 0,46 chilometri orari. Il fronte attivo era sceso a una quota di 350 metri s.l.m. Quel giorno il paese di Mascali venne evacuato.
Alle sette del mattino del 6 novembre la colata raggiunse la confluenza con il torrente Vallonazzo e poco dopo interruppe la Ferrovia Circumetnea e la strada Nunziata-Piedimonte. Alle dieci e trenta la colata aveva percorso 7,3 chilometri e il fronte si trovava ad una quota di 130 metri s.l.m., a circa 200 m di distanza dalle prime abitazioni di Mascali (figura 3). Tra il 6 e il 7 novembre la colata lavica seppellì definitivamente il paese (figura 4).
Nelle ore successive il fronte lavico rallentò notevolmente e alle tre di mattina dell’8 novembre si trovava a soli 350 m dalla ferrovia Catania-Messina. Fra il 9 e il 10 novembre diversi trabocchi dal canale di scorrimento lavico principale generarono piccoli bracci lavici che si diressero verso l’abitato di Nunziata e la località Poggio Viccaro. Durante la mattina del 10 la colata distrusse la ferrovia Catania – Messina e il ponte della strada Catania-Messina, interrompendo tutte le vie di comunicazione del versante orientale dell’Etna (figura 5).
Il 12 novembre il fronte lavico più avanzato si fermò all’interno del torrente Vallonazzo ad una quota di circa 25 metri s.l.m.. Qui distrusse alcune case della borgata di Carrabba, raggiungendo la lunghezza massima complessiva di 9,4 chilometri. Una nuova bocca effusiva si aprì tra il 14 e il 15 novembre, lungo la fessura posta a quota 1200 metri s.l.m., causando la l’arretramento della colata lavica attiva. Da qui furono emessi numerosi piccoli flussi lavici che si sovrapposero parzialmente sulla colata precedente lungo le scarpate della Ripa della Naca, fino alla fine dell’eruzione, avvenuta durante la notte del 19 novembre.
Durante i 17 giorni di attività furono eruttati complessivamente circa cinquanta milioni di metri cubi di lava, con un tasso effusivo medio di 38,5 metri cubi al secondo, che coprirono un’area totale di 4,38 chilometri quadrati (figura 6). Il costo dei danni provocati dall’eruzione è stato stimato in circa 160 milioni di lire dell’epoca.
L’eruzione del 1928 fu seguita e studiata sul terreno da diversi scienziati tra cui i principali furono Immanuel Friedlander (1871-1948), Giuseppe Imbò (1899-1980), Alessandro Malladra (1865-1944), allora direttore dell’Osservatorio Vesuviano, e Gaetano Ponte (1876-1955) allora direttore dell’Istituto Vulcanologico Etneo dell’Università di Catania. Per la prima volta all’Etna una eruzione fu monitorata anche attraverso una serie di sorvoli aerei su specifica richiesta di Gaetano Ponte e, sempre per la prima volta, per disposizione del Prefetto di Catania, le informazioni ufficiali sull’evoluzione dei fenomeni eruttivi furono fornite dall’Istituto Vulcanologico Etneo attraverso la realizzazione di bollettini giornalieri.
L’eruzione del 1928 insieme all’eruzione del 1669, rappresentano pietre miliari nella storia dell’Etna non solo per gli aspetti vulcanologici, ma anche per le conseguenze sociali, economiche e urbanistiche da esse determinate.
Subito dopo la fine dell’eruzione e soprattutto dopo un iniziale momento di confusione, il Governo fascista decise di ricostruire la città più a valle, lungo la strada statale Messina-Catania, desideroso di mostrare all’Italia e alle nazioni straniere le proprie capacità tecnico-organizzative nell’affrontare l’emergenza provocata dall’evento distruttivo.
Per la “nuova” Mascali venne adottato lo schema planimetrico del “castrum romano”, con una griglia di strade ortogonali interrotta da tre ampie piazze sulle quali si affacciano i principali edifici pubblici (Chiesa, Municipio, Scuola) progettati dall’architetto Camillo Autore (figura 7). Contemporaneamente fu predisposta la costruzione di un primo nucleo di abitazioni da destinare alle famiglie bisognose. Inoltre, per favorire il ripopolamento della città, si provvide alla concessione di un lotto di terreno e di un contributo statale per la ricostruzione delle case dei cittadini più abbienti. Dal punto di vista architettonico sia gli edifici pubblici che le abitazioni private della nuova Mascali riflettono le tendenze dei primi decenni del XX secolo, alternando gli elementi tipici del razionalismo e del futurismo ad elementi di stampo conservatore con richiami al neoclassicismo ed allo stile liberty. La ricostruzione di Mascali, esempio unico in Sicilia di città di fondazione fascista, come i centri dell’Agro Pontino nel Lazio, può dirsi sostanzialmente completata nel 1937.
Bibliografia
AAVV, 2012. Città di Mascali: quaderno di studi. Edizioni La Rocca, Riposto.
Bonaccorso, A., Branca S., 2010. Fotografia storica alla luce del vulcano. Fondo Fotografico Gaetano Ponte (1876-1955). Le Nove Muse, Catania.
Branca, S., Coltelli, M., Groppelli, G., Lentini., F., 2011. Geological map of Etna volcano, 1:50,000 scale. Italian Journal of Geoscience 130 (3), 265-291.
Branca S., De Beni E., Chester D.K., Duncan A., Lotteri A. (2017) The 1928 eruption of Mount Etna (Italy): reconstructing lava flow evolution and the destruction and recovery of the town of Mascali. J. Volcanol. Geotherm. Res., 335, 54-70. doi:10.1016/j.jvolgeores.2017.02.002
Chester, D.K., Duncan, A.M., Dibben, C., Guest, J.E., Lister, P.H., 1999. Mascali, Mount Etna Region Sicily: An example of Fascist planning during the 1928 eruption and its continuing legacy. Natural Hazards 19, 29-46.
Friedlaender, I., 1929. Vulkanische Ereignisse. Der Ätna-Ausbruch 1928. Zeitschrift für Vulkanologie, Band XII, 33-46
Imbò, G. 1932. Osservazioni e ricerche in relazione all’eruzione etnea 2-20 novembre 1928. Annali R. Oss. Vesuviano, Vol. I, 293-349
Ponte, G., 1928. L’eruzione etnea del novembre 1928. Rivista di Fisica, Matematica e Scienze Naturali, Vol. III, 113-122, Napoli.
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