di Sergio Mangiameli

Umberto Veronesi
Umberto Veronesi
Sergio Mangiameli
Sergio Mangiameli

Adesso ricordarlo non significa portar fiori, perché non è sepolto. Non significa men che meno una messa in suffragio ogni 8 novembre, perché non era cattolico. Spingere le sue idee, questo significa. Condividerle e spiegare ai ragazzi la differenza tra amore e genere, che non conta il sesso per amare, che amare vuol dire dare e sentirsi amati è l’unica via per non esser soli. Non abbiamo mai cercato la virilità in nostro padre, ma la sua partecipazione. Nostra madre è sempre stata la più bella di tutte, soprattutto senza trucco. Per diventare uomini, non abbiamo bisogno di una famiglia, ma di due persone che si amano.

Adesso ricordarlo significa parlare ai ragazzi sul diritto di scelta della fine della propria vita, quando non c’è più speranza e il dolore diventa insopportabile e toglie la dignità. Significa aprir loro la mente e spingerli a farsi domande e ricercare le risposte nella scienza e nella ragione. Aver il coraggio di dir loro che una canna fa male ma non uccide, come invece fa la sigaretta. E significa smettere di fumare, dimostrandoglielo.

Significa prenderli, i nostri ragazzi, e svegliarli a vivere al massimo, subito, con passione nell’impegno di arrivare alla fine dopo aver dato tutto. E riconoscere che la vita senza la morte sarebbe impossibile. Chinarsi e accettare di far morire il corpo, ma non le idee.

A me viene naturale, perché ho scoperto di condividere le idee di Umberto Veronesi, quando avevo già passato a vent’anni certe malattie, perdite, negazioni. Lo ricorderò a mia figlia come un respiro di ottimismo e di voglia di battersi per il nostro mondo migliore

 

 

Sergio Mangiameli

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