FONTE: INGVVULCANI
di Gianfilippo De Astis
No, non parla di battaglie tra divinità a colpi di esplosioni stromboliane contro eruzioni vulcaniane. “La Guerra dei Vulcani” (The War of the Volcanoes, 2012), il documentario diretto da Francesco Patierno, narra, invece, dell’aspra e scoppiettante rivalità che esplose nel mezzo del Mar Tirreno tra due primedonne del cinema – Ingrid Bergman e Anna Magnani – e due film: “Stromboli, terra di Dio” e “Vulcano”.
Tra i due film e le due donne, il pomo della discordia era Roberto Rossellini, il già famoso regista italiano la cui spinta neorealista era stata ravvivata dall’arrivo della Bergman in Italia nel 1949 e con cui la Magnani aveva avuto fino a poco tempo prima una relazione durata oltre quattro anni, iniziata durante la realizzazione del film Roma, Città Aperta e testimoniata anche da altre pellicole (figura 1).
Il documentario si concentra proprio su quella storia d’inganni, cuori infranti, gelosie estreme e alcuni dicono anche di idee rubate, dove la eternamente vulcanica Anna Magnani – The Volcanic Anna Magnani è stato anche il titolo scelto per una retrospettiva recentemente svoltasi a Chicago per celebrare questa grande attrice del dopoguerra – si scontrò con la bionda icona hollywoodiana, e cercò la vendetta nei confronti del suo ex-partner, proprio girando “Vulcano”. Nel film diretto da William Dieterle – uno dei tanti registi-artisti tedeschi fuggiti a Hollywood a causa del nazismo – la trama è costruita intorno alla magnifica interpretazione di Anna Magnani, (fig.2) che impersona una prostituta di lungo corso rispedita dalle Autorità sulla sua isola natia dove ritrova la sorella minore, donna semplice e pura, insidiata da un losco individuo, impersonato da Rossano Brazzi, altro famoso attore italiano dell’epoca.
A fare da sfondo ai due film, i due piccoli vulcani attivi di Stromboli e Vulcano, sperduti nel Tirreno Meridionale e colpiti un feroce spopolamento a causa di vicissitudini vulcanologiche – le eruzioni del 1911 e 1930 nel primo caso e quella del 1888-1890 nel secondo – e dalla mancanza di lavoro e di risorse. Due isole che, dopo decenni di abbandono, tornarono finalmente a vivere soprattutto grazie alla rivalità fra le protagoniste dei due film e ai reportages internazionali.
Infatti, quel che emerge nitidamente tanto dal documentario quanto dai cinegiornali dell’epoca, è che “l’interesse” della stampa di mezzomondo fu così forte da inviare vari, famosi reporters alla ricerca di esclusive piccanti e scoop scandalistici. La curiosità divenne talmente parossistica – forse più della terribile eruzione di Stromboli del 1930 – che i registi imposero alle due isole un regime ristretto di accessi ai giornalisti e di diffusione delle notizie anche da parte dei semplici componenti delle troupes al lavoro.
Anche se fecero da sfondo a due grossi flop, se è vero come è vero che entrambi i film andarono incontro a disastrose anteprime nei Festival e – usciti nelle sale nel 1950 – realizzarono ben magri incassi ai botteghini, la cosa che ci piace raccontare – al pari dell’articolo sulla Stromboli post-Bergman – è come si sviluppò la storia post-bellica della terza delle Isole Eolie e della sua Comunità.
In questo, un primo punto di partenza è rappresentato dalle notevoli differenze morfologiche, paesaggistiche e antropologiche che caratterizzano Vulcano rispetto a Stromboli e che già i due film lasciano intuire.
In “Stromboli”, le scene di pesca in mare aperto – da ricordare la bellissima sequenza della tonnara di Oliveri, in provincia di Messina – o il felice ritorno a casa del protagonista da sua moglie, dopo una ricca pesca, rendono facile comprendere che il film di Rossellini è ambientato in una comunità di pescatori e/o di emigrati, tornati alla terra natia e, in molti casi, speranzosi di ripartire. “Stromboli” è largamente girato fra le case edificate sulle lave che formano un lungo tratto di costa dell’Isola originatosi con l’espandersi della colata di San Bartolo (di età romana) e si conclude lungo le pendici più alte del cono, in prossimità dei crateri fumanti, dove si ritrova una Bergman disorientata e affranta in fuga verso Ginostra. Chi conosce almeno un po’ Stromboli, malgrado l’attuale urbanizzazione, non avrà difficoltà a riconoscere più di uno scorcio e a comprendere che proprio il mare, la costa e i crateri in eruzione hanno fatto la fortuna turistica e quindi economica dell’isola.
Guardando il film di Dieterle, invece, si fa una certa fatica a riconoscere l’ambiente e le forme dell’isola di Vulcano e, spulciando tra i credits, si scopre, appunto, che gli esterni furono in gran parte girati a Salina anziché a Vulcano (figura 3). Al di là delle invenzioni cinematografiche e di sceneggiatura, è abbastanza evidente che i vulcanari/re più che pescatori (o adescatrici, sic!) hanno nell’agricoltura e nell’allevamento le loro più solide vocazioni. E questo non è un caso perché l’isola di Vulcano (figura 4), è formata da una molteplicità di centri eruttivi piccoli e grandi, da ampie zone con morfologie subpianeggianti (la caldera del Piano e parte di quella della Fossa), da duomi lavici e da una serie di elementi morfo-strutturali che la rendono ben diversa dallo stratocono strombolano.
Chi, oggi, partisse dalle località Porto di Levante e Porto di Ponente, dove sono concentrate tutte le strutture turistiche, per esplorare il resto dell’isola, si renderebbe conto che il Piano è coltivato e ospita allevamenti di pecore e mucche che consentono di produrre formaggi “esportati” perlomeno nelle isole più vicine. Chi si spingesse oltre, verso Gelso e lungo le pendici meridionali del Vulcano più antico, apprezzerebbe, inoltre, la presenza di aziende agricole che producono vini di qualità e in particolare la Malvasia eoliana (la “passolina”, uva passa dal famoso vitigno Corinto nero) così come avviene a Salina. A Vulcano, quindi, non è stato e non è solo il turismo a determinare l’economia dell’isola, come invece è a Stromboli dagli anni ‘50 in poi.
Dopo la fantasia dell’isola libera e selvaggia – abitata da volti scavati dal vento e dal sale, fatta di rocce impervie e tagliata da neri sentieri di cenere dove schiavi e galeotti s’erano affannati ad estrarre allume e zolfo, dall’epoca Romana fino all’ultima eruzione del 1888-90 – la realtà post-cinematografica ci ha restituito un’isola trasformata e rinata su più piani proprio in virtù di un territorio articolato e diversificato dal ventaglio di attività vulcaniche e vulcano-tettoniche.
Oggi Vulcano è sì meta del turismo nazionale e internazionale – attratto dalle fumarole del suo cratere attivo, dai suoi colori cangianti e dalle bellezze del suo mare – ma agricoltura e pastorizia sono fonti economiche di rilievo e con radici lontane.
Che siano piaciuti o no questi loro film Eoliani, una cosa è certa: sia noi che gli strombolani o i vulcanari, Ingrid Bergman e Anna Magnani non le scorderemo mai.
Con il titolo: uno sguardi d’insieme sulle Isole Eolie, con la meravigliosa foto di Giuseppe Famiani
Commenti recenti