di Antonella De Francesco
Cominciano ad arrivare al cinema i film che hanno partecipato alle selezioni del Festival del Cinema di Venezia, appena concluso e, tra questi, il biopic Qui rido io, di Mario Martone, con un eccezionale Toni Servillo. Affresco della napoletanità della fine dell’800 e del teatro popolare che Eduardo Scarpetta (interpretato per l’appunto da Toni Servillo) portò ad altissimi livelli, mantenuti, poi, da Eduardo e Peppino De Filippo che altro non erano che figli “ illegittimi “ di Scarpetta.
Ma sulla legittimità in casa Scarpetta, ci sarebbe molto da dire visto che da subito il regista ammonisce il pubblico, per bocca di uno dei personaggi del film che “u scuorno” (il senso della vergogna) come dicono i Napoletani, in casa non era di certo un valore imprescindibile è un film anche sulla paternità). In casa Scarpetta infatti convivevano pacificamente e consapevolmente alle riunioni di famiglia la moglie, le amanti e i figli-cugini (fratelli tra loro). Un meraviglioso esempio di una particolarissima “famiglia allargata” di fine ‘800 che si dedicava, a forza o per vocazione, al teatro.
A casa Scarpetta tutti erano cooptati nella recitazione da Eduardo che a loro affidava la gravosa eredità di tramandare le sorti del teatro popolare napoletano e di rendere immortali personaggi come quello di Peppeniello e Felice Sciosciammocca di Miseria e nobiltà.
Abilissimo Martone che, oltre a mostrarci l’uomo Scarpetta quando cessava di recitare, (despota e accentratore a casa e in teatro, poco incline ad accettare che un Suo erede potesse ambire a non fare teatro nella sua compagnia ), si ferma a riflettere sul teatro, prendendo spunto da quell’episodio che segnò la battuta d’arresto della carriera di Scarpetta: la causa tra lui e il Vate D’Annunzio per la parodia dell’opera La figlia di Iorio. Qui il film diventa più colto, porta alla ribalta i temi sempre cari a Martone, si sofferma su dissertazioni linguistiche (memorabile il confronto Scarpetta-Benedetto Croce), esaltando il valore del teatro e negando la distinzione tra generi teatrali di serie A e B mentre sullo sfondo comincia a intravedersi lo spettro del cinema. Scarpetta sente l’arrivo di qualcosa più grande di lui e lotta per la sua sopravvivenza e per il valore che le sue rappresentazioni hanno per il suo pubblico.
Il film si svolge tutto all’interno, a casa, a teatro, nei camerini , durante le prove, con ritratti e riprese ravvicinate delle scene o a camera fissa su Servillo che campeggia su tutti gli attori per la padronanza assoluta con cui interpreta il Suo personaggio.
Non a caso il New York Times lo ha inserito al settimo posto di una classifica tra i 25 attori migliori degli ultimi 20 anni.
Dopo Joe Gambardella (La grande bellezza) Toni Servillo torna ad essere indimenticabile nelle vesti di Eduardo Scarpetta.
Commenti recenti