di Antonella De Francesco
Batte forte le ali il colibrì, non per volare via, ma per restare fermo.
È questa la metafora alla base dell’ultimo ben riuscito film di Francesca Archibugi, Il colibrì tratto dall’omonimo libro di Sandro Veronesi, già vincitore del Premio Strega 2020.
Vivere la vita richiede grande stabilità, soprattutto quando questa è sferzata da accadimenti infausti che si susseguono senza tregua. Bisogna rimanere al proprio posto e continuare a fare la propria parte, ascoltando la propria coscienza anche quando questa, in qualche caso, ci obbliga a rinunce, a ben guardare, inutili oltre che dolorose. Con destrezza la regista spezza continuamente la sequenza temporale e visiva della storia sbalzando lo spettatore da un tempo all’altro al ritmo di un battito d’ali: un ricordo è già presente, un’immagine di ieri è già quel domani di cui recava, senza saperlo, il dolore.
Così è raccontata la vita del protagonista, Marco Carrera, interpretato da PierFrancesco Favino (accompagnato da un cast d’eccezione tra cui un immenso Nanni Moretti) e quella di chi vive con lui, tra emozioni, colori e luoghi del cuore che la fanno da padroni, perché conservano la memoria e le immagini di ciò che vi è accaduto per restituirle ogni volta che ci si ritorna. Quello “stesso” mare non è mai lo stesso, perché ciascuno lo ha guardato negli anni via via con occhi diversi, pieni di gioia o di pianto, da giovane o più avanti negli anni, in una stagione o in un’altra, traendone impressioni ed emozioni sempre diverse.
Un film elegante, ben costruito, che non si trascina, ma resta sempre attento a non far calare la tensione. Curato nei particolari, cerca di non lasciare indietro nulla, di spiegare l’origine di tutto. Con poche immagini introduce tra i ricordi anche il tema del non detto, di quel qualcosa che si è taciuto ma che forse era noto a tutti, quel segreto che non è stato mai rivelato e che avrebbe potuto cambiare tutto .
Un film dove il protagonista è libero di scegliere fino alla fine, ma solo limitatamente a quello che la vita e il destino non scelgono per lui.
Qualcuno ha forse già scritto la storia, ma sta a lui, come a tutti noi, interpretarla al meglio con la testarda fermezza del colibrì.
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