di Francesco Palazzo
I recenti incontri segreti – che non sono più segreti perché evidentemente dovevano essere resi noti all’opinione pubblica mondiale – tra i capi dei servizi cosiddetti segreti di Usa e Russia hanno portato ad un riavvicinamento delle posizioni tra i due attori principali di questa guerra combattuta sulla testa (e a discapito) della martirizzata Ucraina. Sembra che gli Stati Uniti stiano riuscendo a convincere i russi a pensare se non alla “pace” almeno ad un “cessate il fuoco”. D’altra parte, per convincere i russi a cominciare a riconsiderare le loro posizioni c’è voluta una dispendiosa e lunga dimostrazione militare con le strategie e con i mezzi bellici messi a disposizione degli ucraini. A questo punto occorre che anche Zelensky sia disposto a pensare alla pace.
Il presidente ucraino, però, si trova tra due fuochi: da un lato Joe Biden che gli chiede di trovare un accordo e dall’altro i suoi compatrioti e soldati che pretendono di non sacrificare nemmeno un centimetro quadrato di suolo patrio. Quindi, bisogna convincere Zelensky: come fare? Ecco che i sunnominati capi dei servizi finti segreti di Stati Uniti e Russia mettono in piedi “l’operazione missili”. Due missili S-300, forse uno, di fabbricazione sovietica (il termine è corretto in quanto si tratta di una categoria di missili a lunga gittata entrata in “servizio” negli anni ’70), utilizzati sia dall’esercito russo sia da quello ucraino, sono caduti in Polonia, in una zona rurale situata a pochi chilometri dal confine con l’Ucraina, causando la distruzione di un deposito di grano e, soprattutto, l’uccisione di due agricoltori polacchi. Le immediate reazioni da parte polacca sono state di grande preoccupazione e tensione e, nelle more che si potesse stabilire come erano andate le cose, sia la Polonia sia le altre repubbliche confinanti con l’Ucraina, e principalmente la Lettonia, l’Estonia e l’Ungheria, hanno deplorato l’accaduto attribuendone la responsabilità alla Russia ed hanno convocato i rispettivi consigli di sicurezza invitando la Nato a mostrarsi e a dimostrarsi. Anche i governanti degli altri paesi aderenti all’Alleanza Atlantica si sono allarmati per il rischio di dover entrare in guerra a difesa del suolo patrio di un paese membro, secondo l’art. 5 del Trattato.
Per fortuna, o forse è meglio dire per abilità del presidente americano Biden, o meglio ancora del suo consigliere alla sicurezza Jake Sullivan, la grave crisi è progressivamente rientrata: prima i russi hanno rilasciato una dichiarazione nella quale precisavano che i missili non erano stati lanciati da loro, poi Biden faceva sapere che l’intelligence americana aveva tracciato la rotta dei missili e che quindi era giunta alla conclusione che fosse altamente improbabile che i missili fossero stati lanciati dalle solite basi russe del mar Nero. Nel frattempo i missili caduti da due erano diventati uno e il presidente Biden con una neanche tanto energica “moral suasion” convinceva il presidente Duda a non agitarsi tanto. Per cui dal richiamo all’art. 5 si passava al richiamo all’art. 4 (che prevede la convocazione di un consiglio tra i paesi Nato) al richiamo a nessun articolo perché si attribuiva la paternità del missile all’Ucraina. Il presidente Zelensky ha prima fatto il “diavolo a quattro” ma poi, di fronte ad un vibrante richiamo del presidente Biden, ha virato su più miti consigli allineandosi alla posizione di tutti gli altri paesi Nato che avevano già derubricato l’accaduto come un mero incidente cui non dare grande importanza. Insomma, il mondo non vuole entrare in guerra, gli basta che la Russia si stia lambiccando a distruggere l’Ucraina.
Tutto ciò a che cosa porta? Il presidente Zelensky dipende in tutto e per tutto degli aiuti occidentali, e in maniera specifica americani, e quindi è bene che si renda effettivamente conto di ciò, e pertanto il missile ucraino partito a sua insaputa gli avrà senz’altro fatto capire che non può avere tutto sotto controllo ma soprattutto che quello che dice lo zio Sam si fa. Nello stesso tempo, la lezione sarà pure servita agli altri paesi confinanti con l’Ucraina e facenti parte della Nato – e in generale a tutti i paesi europei – che a finire a fare la guerra ci si sta poco o niente e che quindi è sempre meglio stare attenti ad ubbidire allo zio Sam. Indirettamente – ma poi non tanto – la lezione sarà servita pure alla Russia, che sicuramente non ha nessun interesse ad entrare in guerra con la Nato. A meno che il presidente Putin non si voglia passare lo sfizio di lanciare qualcuna delle sue famose bombette nucleari.
Con il titolo: un’immagine del missile caduto in Polonia (dal web)
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