di Patrizia Auteri
10 maggio 2021 ore 9.
Oggi non riesco ad arrivare in orario in ufficio!
Oggi ho pure udienza a metà mattinata e tanti adempimenti, avvisi, comunicazioni urgenti e non potrò nemmeno scambiare qualche parola con il collega. Spero di riuscire a finire in tempo. Ho il verbale pronto, devo prendere alcuni fogli in più, nel caso si debba pure scrivere tanto.
In aula ci sono quasi tutti gli attori: pm, parti offese, avvocati. A volte, alcuni non riconoscibili si confondono tra loro, fino alla chiamata. In fondo, proprio alla fine dell’aula, in un angolo, da solo, il testimone che oggi sarà chiamato a deporre in difesa del figlio, un uomo grande e grosso, imputato di violenza su minore.
E’ un uomo molto anziano, che sembrava raccontare già del suo imbarazzo di essere stato chiamato in difesa di reati gravi commessi dall’imputato, suo figlio. Se ne stava solo e quasi spaventato di quanto tra poco avrebbe dovuto dolorosamente argomentare…
Il giorno dell’udienza qui al palazzaccio una carrellata di procedimenti. Con indifferenza si passa da una denuncia per falso a una violenza sessuale. Siamo ormai abituati. Assisto il magistrato alle udienze nei processi penali, senza emozioni, senza coinvolgimenti, ma ci sono state giornate in cui avrei voluto non sentire, non esserci. Il giudice non è ancora entrato ed io già compilo il verbale in attesa che dalle celle arrivi il detenuto.
Oggi non è una giornata delle migliori per me. Sistemo con fatica il voluminoso fascicolo. Il rumore delle cerniere delle grandi porte dell’aula annunciano che ad entrare sono più persone insieme: gli agenti penitenziari e l’imputato in manette.
Eccolo! Bene, iniziamo. All’improvviso delle urla, persone che corrono. Gli agenti e qualche avvocato sono chini sul testimone anziano. Questo poveretto vede il figlio entrare e viene colto da un malore. Entra il giudice. Il figlio, che vede stramazzare al suolo il padre, supplica il giudice di fargli levare le manette, per poterlo soccorrere. Il giudice acconsente.
Il povero anziano non è riuscito ad elaborare la drammatica situazione in cui è precipitata la sua famiglia al cui interno già si ravvisavano i sapori amari della tragedia. Il povero anziano, testimone in difesa del figlio imputato, è morto di crepacuore. Anzi di dolore.
Il processo penale non riuscirà mai a pacificare la società in cui viviamo. La giustizia, attraverso le leggi dello stato, cerca con tanta fatica di sostenere le vittime di reato e tra queste se ne trovano anche tra i congiunti (loro malgrado) dei carnefici.
Il processo penale prova a fare giustizia nelle vicende umane, di vittime e carnefici. Noi uomini, impotenti, dobbiamo fare ammenda con quanto di virale e primitivo talvolta emerge da queste vicende, anche per le inspiegabili ed indecifrabili emozioni che ci attraversano.
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