di Antonella De Francesco
Un film con chiari riferimenti all’8 1/2 di Fellini, l’ultima fatica di Nanni Moretti: Il sol dell’avvenire. Il regista per voce di Marcello Mastroianni, che similmente a Nanni Moretti recita nei panni di un regista alle prese con il suo film, dice che il suo intento è quello di fare un “ film onesto, senza bugie di alcun genere, un film che potesse essere utile un po’ a tutti, che aiutasse a seppellire tutto quello che di morto ci portiamo dentro” e Nanni Moretti, fedele a se stesso, questo fa! E lo fa nel suo stile, a tratti e per alcuni un po’ urticante, con quello spiccato senso di onestà intellettuale e autoreferenzialità che lo contraddistingue nel voler esprimere il suo pensiero con estrema libertà.
Un film che riassume tutte le più grandi trovate dell’autore messe insieme. Un film sul cinema che sottolinea anche la responsabilità di fare cinema. Un film sul bilancio di una vita da regista e da uomo di sinistra, in cui qualche errore va pure ammesso, se si vuole andare avanti con serenità . Un film che ci insegna che malgrado i nostri sforzi per restare coerenti ( “perché nella vita due o tre principi bisogna pur averli”), non sempre gli altri vorranno fare altrettanto e in questi casi bisogna voltarsi e andarsene: lasciare il set, lasciare che le cose accadano, anche quelle che non condividiamo. È una ruota che gira e va avanti anche senza di noi, ma dalla quale noi possiamo prendere le distanze, esprimere il nostro malcontento, il nostro disagio per ciò che non ci piace. Moretti con i suoi primi piani campeggia sul grande schermo e di lui rimane quell’espressione incredula e stupita per ciò a cui assiste o l’ingenuità con cui ammette di non aver capito .
È un film sul tempo che passa, troppo velocemente perché lui e noi stessi riusciamo a stargli dietro. Ma il passato di noi tutti deve restare e Moretti come noi riconosce di doverlo riordinare, rivederne il montaggio per fissarne il senso. Il senso di una vita, di un sentimento fin dall’inizio, di una carriera fin dal suo esordio, di una ideologia politica, insomma di tutto quello che ci ha condotti fino a qui. È il momento di perdonarsi, di guardare alle nostre rigidità con tenerezza, di ascoltare e di lasciar parlare, di capire chi siamo anche attraverso l’idea che di noi hanno gli altri a partire dai più vicini.
Sullo schermo vita e cinema si intersecano, si contaminano (gli attori hanno tutti i loro veri nomi, tranne il Regista e la moglie interpretata da Margherita Buy), si confondono a tratti, ma il cinema ha il potere magico e salvifico di poter cambiare il finale, di poter sostituire il brutto con il bello, ciò che è triste con ciò che dà speranza ed è quello che Moretti fa nel suo film dentro al film, proponendo un finale inaspettato e sorprendente.
Attori tutti di prim’ordine e colonna sonora commovente, con testi di canzoni passate e recenti (da Luigi Tenco a Noemi) che si sostituiscono alla recitazione e ai dialoghi in certe scene del film. Insomma qui e li troverete uno spunto, una risata, una lacrima, un rimpianto e forse anche la ragione per andare avanti, a testa alta verso l’avvenire !
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Alla magnifica – come sempre – recensione, cinematografica e anche un po’ psicanalitica, di Antonella De Francesco, mi piace aggiungere una mia molto più modesta riflessione da vecchio giornalista, ma anche da comunista di un altro tempo. Soprattutto da grande estimatore di Nanni Moretti, che ancora una volta mi e ci ha dato in questo affascinante film, tantissimi stimoli intellettuali ed emozionali e ci ha rituffato in un pezzetto della nostra vita
di Gaetano Perricone
“Una mattina vi sveglierete e piangerete, perché vi renderete conto di quello che avete combinato”.
Credo sia un po’ in questa frase, pronunciata dal regista-protagonista Giovanni che poi è lui stesso sia regista, che attore protagonista, la chiave di lettura del nuovo film di Nanni Moretti  Il sol dell’avvenire, capolavoro di genialità, ironia a tratti feroce, cultura cinematografica da vero fuoriclasse. Piangiamo dentro noi stessi, quelli della generazione dei compagni comunisti orfani di Enrico Berlinguer, ripensando ai tanti errori di una sinistra sempre meno sinistra, sempre meno presente “sul campo” e sempre più attaccata a tante chiacchiere e sciocchezze, che ha aperto la strada alla destra centro che oggi comanda in Italia.  Nanni, dallo sguardo lungo come in tutti i suoi film, ne fa uno dei temi fondanti in quest’ultimo.
La storia racconta di un film girato sulla drammatica invasione sovietica in Ungheria, per molti versi somigliante all’intervento putiniano di oggi in Ucraina; si sviluppa con l’arrivo di Budavari,  il circo ungherese che comincia i suoi spettacoli vicino la sezione del PCI romano “Antonio Gramsci” in contemporanea con l’inizio dell’invasione e poi cerca una complicata solidarietà da parte dei compagni italiani, in un partito ancora monolitico in cui si aprono delle crepe tra l’ala ortodossa togliattiana che sta con l’URSS e tanti intellettuali e lavoratori che sono contro; si chiude con una parata gioiosa ai Fori Imperiali che ribalta la verità storica.
C’è tanta politica, dunque, in questo film importante, come il titolo fa presagire. Ma dentro c’è anche tanto Moretti, visionario e affascinante, con i suoi temi preferiti: la storia del bel cinema; l’invasione ossessiva dei network e della tecnologia alla quale genio e creatività si dovrebbero sacrificare sempre; il rifiuto della violenza; la depressione, male terribile spesso nascosto; l’Amore, quello bello e quello doloroso, che vuole prendere il sopravvento sulla politica in una sfida interiore complessa e tormentata per gli ex militanti del Partito Comunista; la musica, tanta e magnifica, dei nostri anni, perché il regista Giovanni coltiva il sogno di girare il suo ultimo film con le più belle canzoni dei suoi e nostri tempi. C’è tutto il suo cinema, insomma, i suoi sogni, la sua capacità di fare sorridere su cose serissime e drammatiche.
E ci sono attori grandiosi, anche in questo mi viene da dire come in ogni lavoro morettiano: lui super, con la sua retorica da trombone e la sua ironia tagliente; accanto la straordinaria Margherita Buy, il meraviglioso e credibilissimo compagno Silvio Orlando, la dolcissima e stupenda “pasionaria” innamorata Barbora Bobulova, ma tutto il cast è notevolissimo.
Leggo e non mi sorprendono affatto critiche durissime sul sempre bersagliato “radical chic” Nanni Moretti e sul suo cinema ormai scontato anche in quest’ultimo caso. Ma più le leggo, più mi piace e più mi convinco, a parte la grandissima bravura di un artista e intellettuale geniale, che può ancora essere una risorsa più che significativa e può dare un contributo importante a una sinistra che in Italia cerca di rinascere.
Non è film per tutti e sicuramente può non piacere a tutti. Ma credo valga la pena di vederlo perché è certamente cinema accattivante, interessante, ben fatto.

Antonella De Francesco

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