di Gaetano Perricone
Metafora, ma anche rappresentazione plastica della nostra progressiva e masochistica autodistruzione. Distopico, catastrofistico, fantascientifico, horror, ma anche neorealistico in modo assai incisivo.
E’ insieme tutto questo Don’t Look Up, lo strepitoso film di Adam McKay “basato su fatti realmente possibili” che, provando a e a tratti riuscendo a toglierci il respiro, ci racconta in modo assolutamente credibile, attraverso una storia che fino a prima della pandemia avremmo giudicato solo terrificante fantascienza, come la stupidità e l’autoreferenzialità dell’uomo, la sua convinzione di potere superare anche la peggiore delle crisi grazie all’evoluzione della tecnologia, possano davvero portarci inesorabilmente alla fine del nostro Pianeta.
Nel film senza lieto fine c’è tutto quello che stiamo vivendo oggi, con sgomento e angoscia: la sfida drammatica tra la scienza e la rabbia cieca del negazionismo; il ruolo devastante della cinica politica degli affari e del potere delle multinazionali nella manipolazione dei fatti; il declino dell’informazione, che al racconto della verità preferisce l’effimero e la spettacolarizzazione; la superficialità e vacuità del tempo dei social, nel quale selfie e likes sono l’unico obiettivo da perseguire per realizzarsi; la potenza e spietatezza della natura, che punisce implacabilmente l’uomo che la distrugge senza scrupoli e pensa di farla franca; la necessità esistenziale di tornare ad una socialità e umanità autentica, a fronte dell’individualismo ed egoismo sfrenato e alla finzione smodata. Tutti i temi e gli interrogativi che, nei giorni infiniti non sappiamo ancora per quanto del dramma del Covid, ci turbano profondamente, ci inquietano, ci dividono. E soprattutto rischiano di portarci in un tunnel senza via d’uscita, come i protagonisti di Don’t Look Up, che alla fine lascia pensierosi e anche un po’ stremati.
Grandissimo e intelligente film, meritevole dell’Oscar per la perfetta e pertinente attualità; per la fluidità della narrazione incalzante e drammatica, ma con sprazzi di irresistibile ironia; per la enorme bravura degli attori, in testa i formidabili Leonardo Di Caprio e Jennifer Lawrence, affiancati dalle sontuose Meryl Streep (la simil trumpiana presidente degli Stati Uniti) e la conduttrice televisiva Vip Cate Blanchett, dal bravissimo Rob Morgan al demenziale Jiohan Hill nei panni del credibilissimo capo della comunicazione/figlio della presidente, agli altri eccellenti comprimari.
Un filmone, insomma, di quelli che lasciano una traccia. Non aggiungo altro – ho già scritto troppo, ma mi è venuta troppa voglia di farlo – se non un invito a tutti voi: se non l’avete fatto, vedetelo presto al cinema o comodamente sul divano grazie a Netflix come ho fatto oggi io. Per godere un film a mio avviso magnifico e coinvolgente, che ci aiuta a comprendere meglio ciò che sta accadendo e che potrebbe accadere intorno a noi
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