di Antonella De Francesco
È molto difficile parlare di un capolavoro come Povere creature di Yorgos Lanthimos, giustamente vincitore del Leone D’Oro al Festival di Venezia, premiato al Golden Globe per miglior film e migliore attrice protagonista (Emma Stone) e candidato con 11 nomination all’Oscar 2024.
Chi conosce un po’ il regista ( tra i suoi film The Lobster, La favorita) sa bene che è un regista poco convenzionale. Si tratta di una commedia assolutamente geniale in stile weird, tratta dall’omonimo romanzo del 1992 di Alasdair Gray, che racconta l’evoluzione di una giovane donna, Bella Baxter, riportata in vita da uno scienziato pazzo, Godwin (Willem Dafoe) che impianta il cervello di un neonato (il suo stesso figlio) nel suo corpo. La storia, ambientata in un’atmosfera assolutamente onirica tra Londra, Lisbona e Parigi, è rappresentata e recitata in modo ineccepibile .
Si tratta di un film denso di immagini, di contenuti, di rimandi dotti alla filosofia e di citazioni che travolge lo spettatore senza lasciargli scampo. Si sorride e si riflette e se ne esce inebriati, increduli, storditi, anche. Non ho letto il libro e non so quanto il film vi sia fedele, ma rappresentare in modo così irriverente l’evoluzione femminile di una mente bambina in un corpo adulto, secondo le fasi evolutive di Freud, seguire passo dopo passo la conquista della sua libertà senza alcun condizionamento sociale e morale fino alla scoperta della sessualità  davanti agli occhi rapiti degli uomini che però non sono in grado di fare i conti con tanta spudorata libertà senza confini, è assolutamente geniale!
Si, perché Bella Baxter mantiene il candore spregiudicato dei bambini in tutto quello che fa, attraverso i suoi occhi passa tutta l’innocenza e tutto il peccato, passa la sottomissione, la ribellione, la voglia di emancipazione e perfino la mercificazione del corpo femminile. Bella Baxter ride come una bambina e con la stessa ingenuità soffre quando scopre la povertà, la cattiveria e il dolore del mondo. Un monito agli uomini a non sottovalutare perfino le donne a prima vista più ingenue? La celebrazione della femminilità e del suo eterno potere di seduzione? La difesa del femminismo? La dimostrazione che le donne, non me ne vogliano gli uomini, sfuggono al loro controllo perché sono mentalmente più “libere”? Qualche allusione al tema dell’intelligenza artificiale, tanto in voga al momento? Ci troverete tutto questo oppure niente del genere o molto altro secondo la prospettiva con cui vi porrete davanti al grande schermo. In ogni caso non potrete rimanere indifferenti a questo concentrato potentissimo di irriverente e travolgente vitalità, un bagno ipnotico di surrealismo e di iperrealismo.
Da menzionare oltre agli attori tutti eccellenti, la fotografia di Robbie Ryan, la scenografia di James Price e Shona Heath, i costumi di Holly Waddington e gli effetti visivi di Simon Hughes.

Antonella De Francesco

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