di Antonella De Francesco
Non è forse tra i film migliori di Clint Eastwood, questa sua ultima performance intitolata Sully, che ripropone l’ammaraggio nel fiume Hudson, realmente accaduto, ad opera di un esperto pilota di aerei (sullo schermo interpretato da un ineccepibile Tom Hanks) che nel 2009 salvó tutti i 155 passeggeri a bordo del suo volo di linea. Dopo l’ammaraggio il pilota e il suo copilota furono sottoposti all’indagine di routine da parte della NTSB, che in America si occupa di accertare le dinamiche e le responsabilità degli incidenti sui grandi vettori ( aerei, treni etc..) .
Nella realtà, come sullo schermo, le indagini conclusero che il volo fu condotto nell’unico modo possibile dopo un bird strike di quella entità, che aveva danneggiato entrambi i motori del velivolo. È un film che si vede tutto d’un fiato, schietto e senza troppa retorica, un film difficile, perché chi conosce i fatti sa già come va a finire e, quindi, non può creare grossa suspense.
Ho trovato geniale il ribaltamento dell’effetto che una immagine, già vista, può destare , assumendo connotazioni opposte a quelle consuete. Nel caso specifico, riviviamo attraverso gli occhi sgomenti di alcuni attori, tutta la paura che può risvegliare lo scorgere dalla propria finestra all’ultimo piano di un grattacielo, un aereo che vola a tutta velocità tra i palazzi di vetro di NY e la felicità nello scoprire, di lì a poco, che quel pilota stava portando in salvo i suoi passeggeri, restituendo vita e non morte, oltre che speranza, coraggio e fiducia ai cittadini della Grande Mela, così disabituata alle buone notizie.
Il film inoltre pone sotto i riflettori il concetto di “eroe” ai tempi d’oggi, in cui si fa largo abuso del termine. Laddove si è perso il senso del dovere e nulla ha più il carattere della normalità, l’eroe altro non è che chi fa con scrupolo il suo lavoro. E in fondo, a pensarci bene , senza voler andare troppo lontano, i “nostri eroi” anche della lotta alla mafia, null’altro facevano se non il loro lavoro. “Abbiamo fatto il nostro lavoro”, lo ripete come un mantra il comandante Sully che non ama il palcoscenico e rifugge dai consensi, pur nella ferma consapevolezza di avere compiuto un gesto estremo e fuori dal comune.
Infine, il regista, apre uno squarcio sulla fallosità di taluni moderni mezzi di indagine, basati su artificiose ricostruzioni matematiche e statistiche di eventi che , proprio nella loro imprevedibilità, trovano in chi decide il loro esito fortunato o infelice. A mente fredda si possono trovare soluzioni alternative, forse, ma nell’immediato di un’emergenza serve decidere, assumersi delle responsabilità , accettare i rischi delle decisioni e delle conseguenze che ne deriveranno per noi stessi e per gli altri. Il pathos umano di certe situazioni, non può essere simulato da alcun algoritmo ed è lì che si giocano le partite della vita, in quei secondi in più o in meno che ci fanno decidere!
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