di Antonella De Francesco
Non poteva scegliere titolo migliore al suo ultimo film Roberto Andó, dal momento che il film incarna La stranezza dall’inizio alla fine .
La stranezza nell’aver diretto un cast più che eterogeneo; la stranezza di aver tolto a Pirandello il ruolo di protagonista per renderlo piuttosto spettatore come noi; la stranezza di aver cercato di spiegare uno dei punti più salienti e complessi della poetica del grande genio Pirandello attraverso una farsa.
Il teatro dell’assurdo trova nel cinema così una sua semplice rappresentazione che spiega come i drammi siano reali più che teatrali, come le persone aspirino da sempre a divenire personaggi per restare immortali, come l’osservazione resti il punto di partenza imprescindibile del teatro, così come l’interazione con il pubblico. Bravi tutti gli attori. Tra loro Ficarra e Picone non sfigurano accanto a Toni Servillo, verso il quale serbano, anche sulla scena, il rispetto di una differenza di calibro che invece Andó vuole ricondurre più ad una differenza di genere (dramma-farsa) azzerando la distanza tra teatro “alto” e teatro “ basso” e il confine tra dramma e farsa.
È un po’ come se la macchina da presa la tenesse in mano Pirandello e con curiosità la dirigesse ora qui, ora lì, in cerca di ispirazione. Dietro le quinte, nella vita vera, è lì che il paradosso supera la realtà ed è lì che l’autore può trovare la “ storia” per i suoi “ personaggi”. Non c’è nulla da “ inventare “, c’è piuttosto da “ osservare “. Al teatro il compito di azzerare la distanza tra realtà e finzione, far sentire il pubblico in sala rappresentato nel suo dramma e nella sua storia, dando vita a quel “ doppio” di ciascuno di noi. Così è se vi pare.
Da vedere
Commenti recenti