Chapeau, come sempre, alla cara Antonella De Francesco, per la sua accattivante e per me azzeccatissima riflessione su questo film strapremiato. E poiché più che mai mi riconosco nella sua recensione brillante e molto profonda., per questa volta e in via eccezionale aggiungo anche il mio pensiero, che ho pubblicato qualche giorno fa sul mio profilo Facebook. L’analisi di Antonella è certamente molto più “cinematografica” della mia, ma in linea generale pensiamo le stesse cose e soprattutto che valga comunque la pena vederlo
di Gaetano Perricone
Uscendo decisamente frastornato dalla visione del film dei 7 Oscar – non ho resistito alla curiosità e ci sono andato subito – ho ricordato di avere provato le stesse sensazioni quando, adolescente, andai a vedere per la prima volta 2001 Odissea nello spazio, che adoro e considero tra i più belli della mia vita: Everything Everywhere All At Once, come e per certi versi più del capolavoro di Stanley Kubrick, è opera senza alcun dubbio super geniale e dirompente, piena di suggestioni, incredibilmente rivoluzionaria, spettacolare e affascinante come vuole il grande cinema, che ci proietta quasi con violenza, non fisica, dentro un futuro molto più vicino di quanto immaginiamo.
E poi mi sono sentito “boomer” al top, mai come in questa occasione: anziano, direi vecchio, di fronte a una evoluzione tecnologica velocissima, ogni giorno in senso letterale più avanti del giorno precedente, alla quale si fa una gran fatica ad andare appresso anche con una mente molto aperta come la mia.
E comunque, grazie a questo film straordinario dal punto di vista della tecnica cinematografica e non solo, ho finalmente capito in concreto cosa sia questa diavoleria del Multiverso, insieme di mondi virtuali paralleli al tuo che da un lato ti attraggono in modo irresistibile, dall’altro ti proiettano in un vortice destabilizzante e perfino pericoloso per la tua mente e la tua anima. Ma ho anche capito – spero di non essere il solo e dunque di non avere capito proprio niente – che il grande messaggio che i due evidentemente bravissimi registi vogliono dare, dopo una serie lunga 140 minuti di folli incursioni in tanti onirici universi e di formidabili scontri all’insegna del kung fu nella tradizione del miglior Bruce Lee, è che l’AMORE tutto maiuscolo, molto semplice, comune, autentico, di questa Terra, è la cosa che ancora conta di più e per sempre conterà di più anche nel Multiverso.
Non scrivo nulla di più per non spoilerare odiosamente per chi, immagino saranno tantissimi anche tra voi amici, vorranno vedere questo film assolutamente lontano dai canoni di bellezza cinematografica che conosciamo, che farà anche legittimamente storcere il muso ai cinefili dal palato fine e dalla puzzetta sotto il naso, ma che sicuramente è ed è destinata a restare nella meravigliosa storia del cinema come opera “spartiacque” dal punto di vista della tematica, certamente originalissima, anche molto divertente. A mio avviso, aggiungo ovviamente, tutto a mio avviso, ma non credo soltanto mio, visti i tanti premi ricevuti a Los Angeles. Tutti davvero meritati: al film, ai Daniels, Daniel Kwan e Daniel Scheinert, registi e sceneggiatori, alla stratosferica protagonista Michelle Yeoh, al suo mite e tenace marito Ke Huy Quan, alla formidabile stravagante, grandissima Jamie Lee Curtis, al signor Paul Rogers per il fantastico montaggio ed editing. Tutto molto ben fatto e, secondo me, da vedere per non perdere una pagina significativa della storia degli Oscar e del cinema in generale. A proposito: credo lo possano vedere tutti, i ragazzini nativi digitali si divertiranno e appassioneranno come i matti, spero cogliendone il messaggio profondo
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