di Santo Scalia

L’Etna è una montagna alta 3357 metri (± 3 m., secondo la determinazione del luglio 2021).

L’Etna è più di una montagna: è un vulcano; un vulcano attivo.

A molti piace definire l’Etnaun vulcano buono”; come se esistessero i vulcani buoni e quelli cattivi. L’Etna è soltanto un vulcano e – così come su qualunque altro vulcano non esiste il “rischio zero” – anche sull’Etna non c’è escursione, passeggiata, ascensione alle zone in quota, che sia scevra da rischi. Questi possono essere moderati, quasi inesistenti; oppure consistenti; ma mai assenti.

Ciò premesso, voglio qui riportare gli eventi mortali accaduti sull’Etna dei quali sono venuto a conoscenza: eventi tramandati dagli storici, dalle cronache e dai mezzi di informazione. Si tratta di vittime causate da circostanze fortuite, o dall’imprudenza, o dall’ignoranza del pericolo, o dal caso.

Alcuni degli incidenti nei quali qualcuno ha perso la vita sono riconducibili all’attività propria del vulcano (esplosioni improvvise, colate laviche); altri invece sono stati causati da avverse condizioni meteorologiche (bufere, fulmini), o da cadute (sulla coltre nevosa, da costoni rocciosi, all’interno di grotte). Infine, altri incidenti mortali sono avvenuti nel corso dello svolgimento di attività lavorative, o indirettamente a causa di attività sismica.

Empedocle si lancia nelle fiamme dell’Etna (particolare da un’antica illustrazione)

La prima vittima di cui si ha notizia (siamo all’incirca nel 430 a.C.) è il filosofo agrigentino Empedocle: pare che questi, per meglio studiare i fenomeni del vulcano, avesse preso dimora in prossimità del suo cratere: a tutt’oggi esiste infatti il toponimo Torre del Filosofo, lì dove si suppone un tempo si trovasse la dimora di Empedocle. Forse per un caso, forse perché spinto dalla voglia di indagare da vicino i fenomeni tellurici, pare che il filosofo finì dentro al cratere dell’Etna.

Una delle attività tipiche dei vulcani è quella di produrre esplosioni dai propri crateri, nel corso di eruzioni o anche in modo improvviso: a causa dell’emissione di scorie e bombe vulcaniche perì nel 1536 il medico Francesco Negri (o Negro) che, avvicinatosi troppo al nuovo cratere in piena attività esplosiva, fu colpito al capo da uno dei proiettili. Uno dei crateri avventizi dell’Etna porta il nome di Monte Nero proprio in seguito a questa disavventura.

Quasi 400 anni dopo, ancora un’esplosione, stavolta dal cratere subterminale di Nord-Est, causò altre due vittime: all’alba del 2 agosto 1929 Angelino Samperi e Giovanni Bonaccorso (entrambi di Piedimonte Etneo), nel corso di un’ascensione ai crateri sommitali, organizzata per festeggiare il conseguimento del diploma del giovane Angelino, furono investiti da una inaspettata e violenta esplosione.

Un’immagine del difficile recupero delle salme delle vittime del 12 settembre 1979 (collezione S. Scalia)

Altre nove vittime – e 36 feriti –  furono registrate cinquant’anni dopo, il tragico 12 settembre 1979: a produrre un’improvvisa esplosione freatomagmatica fu il cratere denominato “Bocca Nuova”.

Dal quotidiano L’Unità del 18 aprile 1987 (collezione S. Scalia)

Un altro dei crateri sommitali dell’Etna causò ancora due vittime, il Cratere di Sud-Est: il 15 aprile 1987 due turisti francesi, Danielle Metz ed il figlio Pierre Henry Prevot, furono uccisi da un’improvvisa esplosione dell’ultimo nato fra i crateri subterminali dell’Etna.

14 vittime sono quindi causa diretta dell’attività esplosiva del vulcano.

Altri incidenti sono avvenuti per cause legate all’attività effusiva dell’Etna: il 19 marzo 1689, come riferito da un Religioso Gesuita in La Sicilia in prospettiva – Il Monte Etna (1709) «[…] istantaneamente sbalzato un braccio di fuoco, miseramente perirono,  inceneriti, Biaggio Pappalardo e Giuseppe Lo Coco; ed altri cinque, percossi dalle pietre, ed abbrustolati (sic) dalle faville, restarono malconci in modo, che due di essi indi a non molto cessarono di vivere».

L’episodio è confermato anche dallo storico Francesco Ferrara (in Storia generale dell’Etna del 1793) che così scrive: «[…] improvvisamente scorse la lava […] e «furono inceneriti».

Dal quotidiano palermitano L’Ora dell’8 novembre 1928 (collezione S. Scalia)

Un altro episodio relativo all’avanzare di una colata lavica accadde nel 1928: in quell’occasione i quotidiani L’Ora (l’8 novembre) e La Stampa (9 novembre) riferirono di due vecchi coniugi sorpresi dalla colata all’interno del loro casolare. La notizia fu ripresa anche all’estero: l’Evening star (Washington, D.C.) scrisse anche di altre tre persone: «Three men who returned to a cottage to guard their possessions were cut off by the lava and perished in sight of groups of their helpless countrymen»; la stessa notizia fu rilanciata in Australia da The Sun (pubblicato a Sydney) e The Telegraph.

Particolare da un dipinto di Salvatore Vasta: l’esplosione del 25 novembre 1843 presso Bronte

L’episodio che però causò il maggior numero di vittime accadde nel corso dell’eruzione del 1843: la colata lavica avanzava in direzione di Bronte quando, avendo ricoperto una cisterna, un’esplosione causata dal repentino passaggio dell’acqua in vapore uccise 53 persone che si trovavano in prossimità del flusso lavico.

Quanto accaduto nel 1843 avrebbe potuto ripetersi, per cause differenti ma simili, il 16 marzo 2017: una colata di lava avanzava nel Piano del Lago, a quota 2700 m., sul terreno innevato; numerose persone si trovavano vicino alla lava: una troupe televisiva inglese della BBC; alcune guide; dei vulcanologi; degli escursionisti. Per fortuna l’esplosione improvvisa del vapore causò soltanto alcuni feriti, ma nessuna vittima!

Quindi 59 (o forse 62) vittime sono state causate dall’incedere di colate laviche.

Altra causa di incidenti mortali è sovente riconducibile ad eventi accidentali avvenuti nel corso di semplici escursioni o di attività sportive: nel 1925, il 18 gennaio, tre intrepidi scalatori tentavano di scendere nella Valle del Bove dalla sommità del Monte Pomiciaro. Gino Menza, Pippo Perciabosco e Umberto Sapienza erano in cordata quando un’improvvisa caduta uccise il primo dei tre e ferì seriamente gli altri due. Alla base del Monte Zoccolaro, vicino al Salto della Giumenta, fu posta una  croce di ferro. L’eruzione del 1991-93, con le sue colate di lava, ha cancellato sia la croce, sia i ruderi del rifugio che portava il nome di Menza.

Il 10 novembre 1986, mentre era in corso l’eruzione di Monte Rittmann, il venticinquenne  Vincenzo Monti, forse tradito dall’oscurità, precipitò dal Monte Zoccolaro. L’8 luglio dell’anno seguente l’avvocato Franco Malerba precipitò in Valle del Bove dal costone della Serra del Salifizio. Nel 1989, il 30 settembre, dal Monte Pomiciaro  cadde il tedesco Ralf Hubner. Nel maggio del 2001 sparì (e mai i suoi resti sono stati ritrovati) la spagnola Beatriz Lebeña Caldevilla: quasi certamente cadde all’interno del cratere Bocca Nuova, presso il quale era stata vista.

La lista delle vittime della gravità continua ancora con l’incidente occorso a Calogero Gambino, un giovane alpinista scaraventato giù dalla Rocca della Valle da una fortissima raffica di vento il 6 febbraio 2011; più di recente, il 5 agosto 2016, il cicloturista austriaco Bernard Launsecker morì precipitando nell’oscurità all’interno del primo dei pozzi della Grotta dei Tre Livelli.

A volte, poi, la presenza di neve e ghiaccio rende le cadute ancora più letali: Antonino Spina, nel 1976, morì per aver battuto la testa contro un masso appena coperto dalla neve; Luca Taffara, nel 2001, e Stefano Nicotra, nel 2008, perirono  scivolando all’interno del Canalone della Montagnola ghiacciato; sempre nel 2008, il 30 novembre, il tedesco Thomas Reichart precipitò giù dalla parete occidentale della Valle del Bove, scivolando su un’infida lastra di ghiaccio.

La forza di gravità, sull’Etna, ha reclamato 11 vite.

Altre manifestazioni della natura hanno mietuto vite sull’Etna: avverse condizioni meteorologiche e fulmini hanno causato altre 10 vittime, rispettivamente 4 le prime e 6 i secondi. A causa di terribili eventi meteorologici hanno trovato la morte Giovannino Cagni Trigona nel 1928; il diacono tedesco Wolfgang Friedrich nel 1952, scomparso nei pressi dell‘Osservatorio Vulcanologico; Turi Agresta, perito nel Piano del Lago, nel 1958; il Boy Scout Aldo Stracquadanio, nel 1972, deceduto per assideramento.

Targa posta a quota 3000 m. in memoria di Sabrina Pilara (foto S. Scalia)

Essere sorpresi da temporali, sull’Etna, in certe stagioni, è abbastanza facile; per fortuna meno facile è essere fulminati, cosa che invece è accaduta nel 1999, in agosto, ad un turista israeliano. Due escursionisti svizzeri, Sabrina Pilara e Horst Karl Martin, sono stati colpiti, entrambi, intorno a quota 3000, sempre in agosto, ma nel 2001. Nel 2004, ancora una volta nel mese di agosto, un uomo è stato fulminato all’interno della Valle del Bove; il mese successivo, ad essere fulminato è stato il quarantanovenne francese Etienne Nicoladze Arnaud, caduto in prossimità della Montagnola. Va ricordato anche un lavoratore della forestale, morto fulminato presso i Monti Rossi di Nicolosi, mentre svolgeva le sue attività.

I movimenti tellurici (causati direttamente dall’attività eruttiva o meno), fortunatamente, hanno causato solo due vittime nella storia recente: Mariano Scandurra morì il 20 ottobre 1984 a causa di un terremoto a Zafferana Etnea; sempre a causa dell’attività sismica  Carmelo Di Stefano perì nel crollo dell’Hotel Le Betulle, a Piano Provenzana, il 25 dicembre dell’anno successivo.

Per concludere questa triste rassegna, voglio ricordare delle persone che sull’Etna hanno concluso la loro esistenza mentre svolgevano il loro lavoro: il 17 gennaio del 1972 sei militari dell’aeronautica statunitense (il primo pilota James W. Brewster di 26 anni; il secondo Harold F. Flaten, 23 anni; il sottotenente John M. Sullivan, 23 anni; i meccanici George E. Reeves di 34 anni e Robert F. De Marest di 40 anni; l’ elettricista Barrel L. Rickey di 20 anni) si schiantarono con il loro aereo (un Grumman C-1A Trader della NATO) nella sella allora esistente fra il Cratere Centrale ed il Nord Est, intorno ai 3200 metri. L’aereo proveniva da Napoli ed era diretto alla base di Sigonella. I loro resti furono ritrovati soltanto nell’ottobre successivo, dopo ben nove mesi.

La lapide posta alla base del Monte Silvestri Superiore, lungo la Strada Provinciale 92 (foto S. Scalia)

Altro incidente, anch’esso legato al volo, coinvolse un elicottero della Guardia di Finanza che cadde in prossimità dei Crateri Silvestri: era il 3 maggio 1994, e nell’incidente perirono i finanzieri Vittorio Giudice (Maresciallo Maggiore) e Domenico Corso (Maresciallo Ordinario Pilota).

Nel 1960, il 23 maggio, due operai che lavoravano presso la Funivia dell’Etna, a causa dello “scarrucolamento” dalla fune portante, si schiantarono con la cabina contro uno dei piloni: si chiamavano Salvatore Asero e Alfio Mazzaglia, di 22 e 39 anni rispettivamente.

Ultimo, in ordine di tempo, a perdere la vita nello svolgimento della sua missione è stato Salvatore Laudani, tecnico volontario del Soccorso Alpino e Speleologico Siciliano. Aveva 47 anni ed è morto nel novembre dello scorso anno, nel corso di un’operazione volta a  recuperare e a salvare degli escursionisti in difficoltà.

Mi ha procurato non poca tristezza il rievocare questi luttuosi avvenimenti: mi conforta però pensare che il ricordo di questi eventi serva a mantenere viva la memoria delle persone che vi sono state coinvolte. Possano riposare in pace.

 

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