di Antonella De Francesco
Se volete chiudere l’anno in bellezza andando al cinema vi consiglio il thriller Conclave del regista Edward Berger.
Un film ben fatto, ben costruito, ben recitato che vede la presenza di ottimi attori tra i quali Ralph Fiennes, Stanley Tucci, Sergio Castellitto e Isabella Rossellini.
Il film tratta della designazione del successore al Papa defunto, in un contesto che da subito mette a confronto la maestosità e la preziosità dei luoghi con l’ambizione degli uomini, anche di quei pastori di anime dai quali ci aspetteremmo rigore, lealtà e soprattutto profonda religiosità. La fotografia, curata da Stefhanie Fontaine, è superba con le sue inquadrature geometriche e perfette, dove il rigore delle forme architettoniche (con ricostruzioni della Cappella Sistina e del Vaticano interamente eseguite a Cinecittà e della Regia di Caserta con il suo magnifico scalone) fanno da sfondo alla disposizione dei 118 Cardinali più potenti al mondo, rigida ed esemplare, mentre tra i colori la fanno da padrone il bianco del candore che abbiamo dimenticato e il rosso porpora cardinalizio.
La canonica, sempre in penombra, è più simile ad un bunker nel quale si sente la cupezza del segreto, del non detto, del nascondimento di sé, più che l’intimo raccoglimento in preghiera. Pressoché nessuno dei cardinali tratteggiati da Berger è scevro da passioni e ambizioni; nessuno è senza colpa e senza peccato.
In nessuno c’è perfezione interiore e il rigore morale sembra essere più di facciata che di sostanza. La forma e la ritualità sopravvivono nei luoghi antichi e maestosi mentre tra i capi della Chiesa si è persa la sostanza. La chiusura del conclave diventa simbolo della chiusura della Chiesa verso il resto del mondo e mentre si decide il successore del sommo pontefice, nelle piazze esplodono ordigni che sovvertono l’ordine precostituito.
Quello che accade fuori dal conclave non sembra turbare i cardinali in alcun modo e, anzi, si fa in modo che i più non ne vengano neanche informati. La chiesa ha un problema: negli anni ha perduto credibilità, fa fatica ad andare al passo con i tempi, alcuni ne vorrebbero il ritorno al passato più bigotto, più coercitivo, più conservatore come esprime magnificamente Sergio Castellitto nei panni del cardinale Goffredo Tedesco nella sua “arringa” in difesa d’una Chiesa che nega le altre religioni e si impegna in una nuova guerra santa contro gli infedeli. Ma c’è anche, per fortuna, chi, come il cardinale Lawrence (magistralmente interpretato da Ralph Fiennes) è più progressista e capisce che la salvezza e la rinascita della Chiesa possono essere trovate solamente nell’ unità, nel dialogo, nell’apertura al progresso , alle richieste mutate dei fedeli nel mondo che cambia. Tutti loro hanno per la gran parte ormai perduto la certezza della loro fede, nascondono segreti molto pesanti per paura di non poter essere eletti, anteponendo l’ambizione personale ai bisogni della collettività. Questa tensione pervade tutto il film dall’inizio alla fine mentre il plot piano piano si fa chiaro grazie all’ostinata ricerca della verità da parte del cardinale Lawrence che vorrebbe fosse eletto il più meritevole. Ma nel corso del film le previsioni sono sovvertite e perfino il ruolo delle suore (tra cui va annoverata l’ottima Isabella Rossellini nei panni di sorella Agnes) , al principio così marginale se paragonato a quello dei cardinali, a poco a poco viene rivalutato, messo in rilievo al punto da diventare fondamentale per l’esito della votazione e dell’ investitura finale .
Ma la vera perla del film è il finale di cui non vi parlerò. Lì troverete il colpo di genio del regista. La Chiesa, pur costretta al segreto, dovrà fare i conti con un epilogo al quale neanche noi eravamo preparati, dovrà piegarsi all’accettazione piena dell’individuo e delle sue qualità e capacità oltre i pregiudizi, oltre la morale comune e oltre le nostre divisioni legate a sterili e anacronistiche visioni del mondo. Da non perdere
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