di Antonella De Francesco
È stata la mano di Dio (Leone d’argento alla mostra cinematografica di Venezia) è un film semplice che va dritto al cuore. Fa ridere e commuove quando conferma e rivela a chi non lo sapesse già che nulla è per sempre .
È un film sugli affetti, sulla complicità, sul coraggio, sulle mancanze, sui ricordi, sui sogni, sul destino di ciascuno di noi, con la città di Napoli (da piazza del Plebiscito alla galleria Umberto) che fa da sfondo e non solo alle vicende .
È un film che segna quel passaggio, che prima o poi arriva, in cui siamo al bivio, in cui dobbiamo scegliere, anche se non vorremmo, perché gli eventi ci hanno portato fin lì .
È un film sul cinema e sulle origini della carriera del regista, Paolo Sorrentino – nel film Fabietto – che vi approdò senza alcuna consapevolezza, solo perché aveva un dolore da raccontare e una felicità da ricreare, almeno virtualmente, per sé e per gli altri.
È un film sulle radici e su come queste mettano ali se solo sai guardare a ciò che ti ha formato, forgiato, rallegrato e consolato tutti i giorni fino al momento in cui devi andar via .
È un film che resta come una carezza, come il bacio della buonanotte che non riceviamo più, come il sapore buono dei dolci fatti in casa, come il tepore che solo le persone care sanno darci .
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