di Elena Cifali

ELENA CIFALI

Mi chiamo Elena e mi piace correre!

Mi piace correre, lo sanno in tanti ormai, e in tanti si chiedono perché. Ho iniziato a farlo quando ero già più che adulta a 38 anni suonati. Corro le lunghe distanze, dai 42 ai 100 chilometri per volta, consecutivamente come quei vecchi cavalli che non sentono la fatica.

La mia palestra è sempre stata l’Etna, con le sue strade, i suoi sentieri, i suoi boschi. Non sono catanese d’origine ma la “Muntagna” mi ha adottata nel 1992 quando ero ancora una ragazzina universitaria. Da quel momento non passa giorno in cui non alzo lo sguardo al cielo per guardare la Mamma Etna, o il Papà Vulcano, che dir si voglia.

Domenica scorsa ho partecipato ad una competizione podistica di tutto rispetto: la 50 km del Vulcano, competizione da me amata, che coniuga perfettamente il mio amore per l’Etna, per la strada, per i boschi.

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Il percorso di Etna Extreme

Partiti da Milo, io e i miei compagni d’avventura, dovevamo percorrere 50 km per giungere al traguardo fissato a Bronte. La partenza in pieno giorno ci ha offerto uno spettacolo incommensurabile, ci bastava alzare lo sguardo per godere del capriccioso cielo settembrino che non faceva mancare nuvole e vento. Sono abituata alle lunghissime distanze, a correre in condizioni estreme, a soffrire la privazione del sonno, i morsi della stanchezza, la consapevolezza che viene dalla fatica fisica che piega il corpo e costringe la mente a sopravvivere a se stessa e alla volontà di fermarsi.

Per l’occasione l’Etna si è messa il cappello e una nuvola grigia ricopre il suo pennacchio rendendo parziale la vista. Il vento ci schiaffeggia e rallenta la scalata fin su in cima al Rifugio Sapienza. In qualche maniera stiamo scavalcando la Montagna, le stiamo passando da fianco a fianco senza neppure chiederle il permesso. Al termine della salita la stanchezza è davvero tanta, vorrei fermarmi a riposare, slacciarmi le scarpe e tirare fuori i piedi martoriati dagli infiniti passi. Ho fame come se non mangiassi da giorni, evidentemente il forte vento cui siamo stati esposti mi ha asciugata e costretta ad un dispendio energetico superiore a quello che avevo previsto. Tiro fuori dallo zaino mandorle ed uva passa e, nonostante i ristori che ci vengono forniti dall’organizzazione, siano numerosi e ben forniti, inizio a mangiare di gusto.

Intanto continuo a correre, a far girare le gambe adesso in discesa verso Piano Vetore, il mio orologio GPS segna 30 km e mi rinfranco pensando che ormai il grosso è fatto, ne mancano solo 20 per tagliare il traguardo.

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Ho l’impressione che Mamma Etna mi stia accarezzando adesso, sento il profumo del bosco, quello misto di terra umida e foglie, quello che ha il sapore dei funghi porcini. Sento che la Mamma sussurra piano parole portate dal vento che intanto ha rallentato il suo soffiare. Le persone come me, gli amanti della Muntagna, si relazionano con la Mamma come fosse un’entità superiore che domina, aiuta, sorregge, castiga. Ma la Mamma oltre a parlarci con la sua bellezza straordinaria ci ascolta. Ed allora oggi io le parlo e lei mi ascolta. Le parlo della mia passione, del mio amore per la vita, del mio intercedere sul suo suolo, su quelle pietre che più d’una volta hanno tentato di farmi inciampare. Le parlo chiedendole clemenza, di abbassare l’altitudine e di permettere alle mie mani di sgonfiarsi, ai pieni di provare sollievo, ai muscoli di resistere. La corsa continua e la Mamma diventa Papà che sprona, che incita, che aiuta. Usciti dal bosco io e i miei amici arriviamo a Piano dei Grilli, adesso capisco che è quasi finita, mancano solo 6 km e la corsa sarà terminata.

Sprono gli amici a non mollare, a non farsi sopraffare dalla stanchezza, a non fermarsi. In tanti mi seguono e iniziamo la discesa. Le gambe chiedono pietà, i quadricipiti sembrano esplodere, i polpacci s’infiammano, le ginocchia stridono e i piedi bruciano ad ogni contatto con il basolato lavico. Il traguardo è sempre più vicino e, come sempre, si inizia a fare il resoconto della giornata. Le emozioni sono a mille, il cuore scoppia di felicità, gli occhi si riempiono di tutte quelle immagini che hanno visto in oltre 6 ore di gara.

ELENA CIFALI CON ELEONORA

Una ripida discesa ci inoltra, vicolo dopo vicolo, tra le vie di Bronte, ancora qualche passo e da lontano vediamo il verde del gonfiabile d’arrivo. E’ fatta, è finita!

Eleonora ed io ci prendiamo la mano, abbiamo corso per 50 km, per quasi 6 ore e mezza, abbiamo riso, ci siamo raccontate, abbiamo visto ciò che la Mamma e il Padre ci hanno offerto, ci siamo quasi commosse davanti a quel furetto che precedeva la nostra corsa, ci siamo infine abbracciate in una lunga e fraterna stretta, degna di tutto il bello e il buono che siamo, degna della nostra passione per la vita e per l’Etna.

Ora non ci resta che ringraziare il Cielo per tutti i doni che ci ha fatto.

Arrivederci mia adorata Etna, sappi che da te tutto è iniziato !

Note: un sentito ringraziamento va a tutti coloro che si sono impegnanti per la buona riuscita dell’evento ed in particola gli organizzatori Aldo e Rosario, a tutti i ragazzi dei ristori (per citarne alcuni Inge, Chiara, Matteo, Tiziana), alla fotografa Adriana, al comune di Bronte, a Riccardo, e a tutti coloro che hanno corso anche solo un metro in mia compagnia, oltre a tutti coloro che hanno avuto il coraggio di sfidare l’Etna correndo la competizione di 100 km e di 50 km. Grazie di cuore a tutti!

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