Dal vulcanologo del Parco dell’Etna Salvatore Caffo, riceviamo e molto volentieri pubblichiamo queste preziose riflessioni con informazioni utili sull’attività del vulcano in corso (dal sito dell’Ente Parco)
di Salvatore Caffo
Tra il 16 Febbraio e il 23 marzo del 2021, abbiamo osservato e registrato 16 episodi parossistici prodottisi dal Cratere subterminale di SudEst
Di questi eventi eruttivi e delle loro caratteristiche vulcanologiche abbiamo ampiamente conosciuto ogni dettaglio attraverso le puntuali descrizioni scientifiche operate dagli studiosi della sezione catanese dell’I.N.G.V. nei vari bollettini, nonché attraverso gli ampi servizi giornalistici presenti sui media e attraverso i numerosissimi post e fotografie degli internauti su Facebook.
In un mio articolo, pubblicato sul numero di Settembre 2011del bollettino ufficiale del Parco (…….) concludevo dicendo che:
“Numerosi studi e ricerche, effettuati nel corso di molti anni da parte di geofisici e vulcanologi e mirati ad una migliore conoscenza sia della struttura interna del sistema vulcanico Etna sia dei fenomeni precursori delle eruzioni, hanno consentito di stabilire che nel tempo ci si dovrà attendere una maggiore frequenza dei fenomeni eruttivi e anche un maggior carattere esplosivo degli stessi. Ciò non è dovuto come molti pensano ad una variazione del chimismo dei magmi e conseguentemente ad una maggiore “esplosività” dell’Etna, bensì alla normale evoluzione dell’attività vulcanica.”
Inoltre, aggiungevo che:
“L’Etna ha conosciuto cicli eruttivi culminati in attività violentemente esplosive che hanno condizionato la vita delle popolazioni residenti alle sue pendici, ma pur nella loro eccezionalità, non possono essere disgiunti dalle complesse e variabili fenomenologie termodinamiche occorse negli anni precedenti sull’Etna, pena l’interpretazione fenomenologica in chiave sensazionalistica, poco rispondente alla storia geodinamica del complesso poligenico etneo e nello stesso tempo, ci devono far riflettere circa il nostro rapporto con il territorio. Ricordiamoci che è l’Etna a stabilire le Regole del gioco !”
Per quanti volessero approfondire:
Il Tremore Vulcanico
L’unico elemento di interpretazione di attività eruttive, violentemente esplosive è rappresentato dall’aumento della frequenza del tremore vulcanico. La sismologia si occupa in genere dello studio dei terremoti legati prevalentemente ai meccanismi di fratturazione delle rocce. Nell’area etnea questi si esplicano attraverso l’attività dei principali lineamenti strutturali, che hanno significato sia tettonico che vulcano-tettonico. Le strutture tettoniche riflettono fedelmente la distribuzione azimutale delle principali discontinuità regionali che attraversano il basamento etneo, mentre le strutture vulcano-tettoniche, rappresentano la risposta rigida della copertura vulcanica, alle sollecitazioni indotte dal campo di stress regionale.
In aree sede di vulcanismo attivo, i segnali sismici possono essere generati anche per effetto di processi fluidodinamici che hanno sede all’interno del sistema magmatico fuso, generati in conseguenza della liberazione nell’atmosfera delle fasi volatili originariamente disciolte, allo stato molecolare. Tali fenomeni si traducono, dal punto di vista meccanico e dinamico, nella produzione di onde elastiche di compressione e di dilatazione (per molti aspetti simili alle onde acustiche) che attraversando il fuso magmatico contenuto nei condotti vulcanici o in intrusioni laterali del vulcano, interagiscono con le pareti solide di questi ultimi e si trasmettono, per rifrazione, nel mezzo circostante (apparato vulcanico), producendo una vibrazione continua di bassa energia del suolo che è nota con il termine di “tremore vulcanico”; nell’area etnea è un segnale sismico piuttosto complesso caratterizzato da basse frequenze (generalmente inferiori ai 6 Hz) e da ampiezze variabili in relazione allo stato di turbolenza dinamica dei gas all’interno dei condotti vulcanici.
Da quanto detto emerge, pertanto, che lo studio del tremore vulcanico è un utile indicatore sismologico dello stato di agitazione magmatica all’interno delle porzioni sommitali del vulcano e, in tal senso, é validamente applicato per la previsione a breve termine di parossismi eruttivi sia di tipo sommitale (eruzioni esplosive ai crateri terminali, attività stromboliana e fontane di lava), che di tipo laterale (infiltrazioni periferiche di dicchi magmatici con produzione di colate laviche lungo i fianchi dell’edificio vulcanico). I risultati di prove di laboratorio, o, applicati alla ricerca vulcanologica e sismologica, hanno evidenziato come durante le fasi di quieto degassamento dai crateri sommitali, regime che tipicamente caratterizza l’Etna durante gli stadi più consueti dell’attività persistente, si registra un tremore sismico di bassa intensità determinato dall’azione meccanica delle bolle di gas che si liberano in corrispondenza della sommità della colonna magmatica.
Per effetto dell’incremento del contenuto energetico delle fasi gassose, si determina all’interno della colonna magmatica la formazione di bolle di grandi dimensioni (noti con il termine inglese di “slug”), il cui diametro tende ad occupare l’intera sezione del condotto vulcanico. La liberazione in superficie di questi “slug” genera dei momentanei e successivi incrementi nell’ampiezza del tremore, con conseguente comparsa di fenomeni transienti della durata di qualche secondo. In queste condizioni si parla di tremore “intermittente”. Per ulteriore innalzamento dello stato di turbolenza dei gas, il regime fluidodinamico della colonna magmatica è completamente governato dalla presenza, generalizzata lungo tutto l’asse del condotto di “slug” di dimensioni sempre maggiori che, in superficie danno origine ad attività stromboliana di crescente intensità, frequentemente accompagnata dall’emissione di fontane di lava, che possono raggiungere diverse centinaia di metri in altezza, e dal lancio di materiali solidi (bombe vulcaniche).
Se la colonna magmatica si abbassa improvvisamente, provocando l’ostruzione parziale o totale del condotto, la tensione di vapore dei gas può raggiungere valori elevatissimi, tanto da espellere il “tappo” con grande impeto ed il parossismo esplosivo che ne segue può essere estremamente violento. Talvolta a causa della violenza delle esplosioni, si determinano delle modificazioni strutturali all’interno del condotto vulcanico interessato alla fenomenologia – in taluni casi sull’Etna si verificano profonde fratture che permettono alle acque freatiche che impregnano le rocce o a quelle dovute allo scioglimento delle nevi di venire in contatto con il magma determinando violente esplosioni per l’improvvisa vaporizzazione delle acque (esplosioni freatiche e freatomagmatiche). Dal punto di vista sismico, questo tipo di attività ha riscontro nella registrazione di un tremore “continuo” ma caratterizzato da livelli in ampiezza, e quindi in energia, crescenti.
I Boati
La liberazione violenta dei gas ad altissima temperatura dai condotti craterici, provoca l’improvvisa espansione termica dell’aria a una velocità superiore a quella del suono (shockwawe) mediamente pari a circa 335 metri al secondo con la produzione di onde elastiche di compressione e di dilatazione (onda d’urto) che generano boati simili a quelli provocati da esplosioni. Trattasi sempre e comunque di fenomeni esogeni generati dalla violenta decompressione di grosse bolle di gas, la cui parte infrasonica (0 e 20 Hertz), non è udibile dall’orecchio umano. In funzione della frequenza e della propagazione delle onde sonore possono anche essere avvertiti dall’Uomo anche a grandi distanze e provocano il classico tintinnìo dei vetri o l’apertura delle porte e imposte. Sappiamo dalla fisica che la propagazione delle onde sonore, subisce fenomeni di attenuazione correlati alla presenza di ostacoli morfologici, alla presenza di vegetazione, alla temperatura e umidità dell’aria, alla direzione dei venti … La grande distanza alla quale si stanno sentendo i boati dell’Etna (cosa peraltro normale e ricorrente) può essere spiegata dalla misura della pressione sonora, che a tratti supera anche i sessanta Pascal che, per frequenza e intensità spiegano la percezione dei boati a così grande distanza e dalla cassa di risonanza esercitata dalla Valle del Bove. Per avere un’idea della potenza delle esplosioni in atto sull’Etna, basterà ricordare che un martello pneumatico posto a un metro di distanza, produce una pressione sonora di due Pascal.
Con il titolo: il primo episodio parossistico, il 16 febbraio scorso, foto di Gaetano Perricone. Le altre foto sono di Salvo Caffo, dal sito del Parco dell’Etna
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