(Gaetano Perricone). Dopo avere assistito giovedì scorso, nella sede del Parco, alla conferenza di presentazione dei dati relativi ai flussi turistici sull’Etna e nell’area protetta prima e dopo il riconoscimento Unesco del 2013, con tutti i commenti successivi, il nostro amico Michael Hoyer, musicista tedesco di grande spessore e cultura (il Vulcanico ve lo ha fatto conoscere in un recentissimo articolo, insieme alla sua compagna Lara Venghaus, eccellente soprano), direttore d’orchestra, studioso di musicologia e filosofia, innamorato conoscitore della Muntagna Patrimonio dell’Umanità, ci ha voluto inviare questa interessantissima riflessione. Un punto di vista che, ringraziando di cuore il Maestro Hoyer, pubblichiamo molto volentieri senza alcun commento, offrendolo alla valutazione dei lettori del Vulcanico.
di Michael Hoyer
Riguardando il rapporto tra lo sviluppo del turismo e l’iscrizione dell’Etna all’elenco del Patrimonio naturale dell’Umanità, ci si deve chiedere prima in che maniera questo evento potrebbe e dovrebbe avere un impatto sul turismo. Il riconoscimento di un paesaggio distinto come patrimonio del mondo non può essere malinteso come aiuto benvenuto per le aziende turistiche che vogliono far crescere il numero dei loro ospiti; è invece il compito di curare questo pezzo del mondo e di conservarne le sue caratteristiche particolari.
Questo compito, s’intende, non è per se stesso in contrasto con uno sviluppo economico del territorio e neanche con il turismo; ma dipende e dalla natura di questo patrimonio e dalla natura del turismo, se lo è o no. Vale la pena dare un colpo d’occhio ai problemi dei beni culturali: la Cappella degli Scrovegni a Padova, che conserva una delle più grandi opere d’affresco di Giotto, non sopporta il grandissimo numero di visitatori perché i gas che escono dalla bocca e dalla pelle dell’uomo causano danni ai colori. Quindi le autorità hanno limitato il numero giornaliero di visitatori e installato una cabina di acclimatazione, dove ogni visitatore deve passare prima di entrare in cappella. Tutelare il patrimonio può anche voler dire agire facendo in modo che il turismo diminuisca. Dall’altro lato è da riconoscere che la conservazione sia dei beni culturale sia di quelli naturali chiede una notevole quantità di soldi e questa necessità può essere una ragione da non trascurare per rinforzare le attività economiche nella zona, che possono essere anche di carattere turistico. Fra questi due desideri servirebbe trovare l’equilibrio adeguato.
Paragonare l’Etna con le Dolomiti come è stato fatto (giovedì scorso al Parco dell’Etna, in occasione della presentazione dei dati sui flussi turistici prima e dopo il riconoscimenti Unesco, n.d.r.) è insensato. Le Dolomiti sono un vastissimo territorio con una centinaia di vette, con valli, torrenti, laghi, paesi di una grandissima varietà. L’Etna invece è una montagna unica, se anche complessa, che offre ad un escursionista delle possibilità di attività molto più limitate. La visita dell’Etna ha come meta predominante la sensazione di recarsi su un vulcano attivo e, se le condizioni lo permettono, di stare sull’orlo del cratere e di guardare nell’interno quasi infernale della nostra pianeta. È un po’ come salire sulla torre pendente di Pisa: la sensazione di una volta non si ripete ogni anno, perché è sempre la stessa; e ci vogliono dieci, venti anni per nutrire la volontà di farla un’altra volta. Acquistare una conoscenza differenziata della terra dell’Etna non risponde al desiderio del turista medio e neanche a quello di chi ama la montagna; è riservato a coloro che sono appassionati di studiare la natura geologica o biologica. E quelli ci sono, ma non sono tanti.
Prestare l’orecchio a quel che ha detto la presidente delle guide turistiche in Sicilia vorrebbe dire cambiare la Sicilia in una provincia della Germania o dell’Olanda. Chi chiede che il mondo da lui visitato deve presentarsi così come si presenta lì dove lui è di casa, è preferibile che stia dove sta. Viaggiare senza la volontà di conoscere e di imparare è un’attività superflua e un comportamento arrogante. Il turista cui è stato promesso da parte dell’azienda di viaggi una camera di lusso climatizzata e con vista sul mare e che poi si ritrova in un albergo di media qualità con aria soffocante e vista sul parcheggio, richieda pure il rimborso del prezzo pagato; ma un diritto di viaggiare su una strada ben asfaltata, di non vedere quartieri poveri o case distrutte e di non essere confrontato con i problemi della zona dove si mette il piede non esiste.
Non voglio dire che la Sicilia, per rimanere la Sicilia, debba conservare tutti i difetti che ci sono, ma deve essere attenta a non imitare i difetti di altri Paesi o di altre società, che guardano questi difetti come delle virtù solo perché sono abituati a vivere così. Pur vivendo in un’Europa unita, le popolazioni dei diversi paesi conoscono ben poco l’una dell’altra e questo poco che conoscono, non essendo integrato in un’immagine totale, non permette di scoprire i valori giusti. Esiste una idea di un Paese straniero che è sotto il livello di un pregiudizio, ma non è neanche un giudizio adeguato. Non hanno sempre ragione quelli che sono ricchi e potenti come noi tedeschi, anche convinzioni sbagliate e princìpi infondati sono talvolta in grado di produrre effetti positivi per coloro che li tengono.
Nach seiner Teilnahme an der am vergangenen Donnerstag am Sitz des Naturparks Ätna stattgefundenen Konferenz aus Anlass der Vorstellung der Ergebnisse einer Untersuchung über die touristische Anziehungskraft des Ätna und des unter Schutz gestellten Gebiets vor und nach der Anerkennung durch die UNESCO im Jahr 2013 und der anschließenden Debatte, hat unser Freund Michael Hoyer, ein überaus gebildeter und nachdenklicher deutscher Musiker, Orchesterleiter, Musikwissenschaftler und Philosoph sowie begeisterter Kenner unseres Vulkans, uns die folgenden interessanten Überlegungen zugesandt. Eine Stellungnahme, die wir, mit herzlichem Dank an Maestro Hoyer, ohne weiteren Kommentar den Lesern des Vulcanico zur Beurteilung anbieten.
Hinsichtlich der Beziehung zwischen der Entwicklung des Tourismus und der Aufnahme des Ätna in die Liste des Weltnaturerbes gilt es zunächst, sich zu fragen, welchen Einfluss dieses Ereignis auf die erstere überhaupt haben könnte und haben sollte. Die Anerkennung einer bestimmten Landschaft als Weltnaturerbe darf nicht als willkommene Hilfe für die Fremdenverkehrsunternehmen missverstanden werden, welche die Zahl ihrer Übernachtungen steigern wollen; sie ist vielmehr ein Auftrag, dieses Stück Erde zu hegen und seine besonderen Eigenschaften zu bewahren. Dieser Auftrag steht natürlich nicht an sich selbst schon im Widerstreit mit einer wirtschaftlichen Weiterentwicklung des Gebiets und auch nicht mit jener des Fremdenverkehrs; aber es hängt vom Wesen dieses Erbes und von der Art und Weise des Fremdenverkehrs ab, ob zwischen ihnen ein Widerspruch besteht oder nicht. Es lohnt sich hier, einen Blick auf die Probleme mit dem kulturellen Erbe zu werfen: Die Cappella degli Scrovegni in Padova, in der sich eines der bedeutendsten Werke der Freskenmalerei Giottos befindet, verträgt keinen gewaltigen Ansturm von Besuchern, weil der Atem und die verschiedenen Hautausdünstungen der Menschen Schäden an den Farben hervorrufen. Daher haben die Behörden eine Tageshöchstgrenze für Besichtigungen festgesetzt und eine Kabine errichtet, welche jeder Besucher vor dem Betreten der Kapelle durchlaufen muss, um sich zu akklimatisieren. Ein Erbe zu bewahren, kann also auch bedeuten, Maßnahmen zu ergreifen, die den Fremdenverkehr verringern. Auf der anderen Seite ist anzuerkennen, dass die Pflege sowohl des Natur- als auch des Kulturerbes finanzielle Mittel in nennenswertem Umfang erfordert, und dieser Bedarf kann ein nicht zu vernachlässigendes Motiv dafür sein, die Wirtschaftskraft eines Gebiets, die auch auf touristischem Felde liegen kann, zu stärken. Zwischen diesen beiden Zielen muss das notwendige Gleichgewicht gefunden werden.
Den Ätna mit den Dolomiten zu vergleichen, wie es in der Diskussion geschehen ist (vergangenen Donnerstag am Sitz des Naturparks Ätna anlässlich der Vorstellung einer Studie über die Veränderung der Touristenströme durch die Aufnahme des Ätna in die Liste der UNESCO, Anm. d. R.), ist unsinnig. Die Dolomiten umfassen ein riesiges Gebiet mit Hunderten von Gipfeln, mit Tälern, Bächen, Seen, Dörfern von einer immensen Vielfalt. Der Ätna hingegen ist ein einziges, wenngleich komplexes Bergmassiv, das für den Ausflügler ein viel schmaleres Angebot an möglichen Aktivitäten bereithält. Das vorherrschende Ziel einer Besteigung des Ätna ist das Gefühl, einen aktiven Vulkan zu betreten und, sofern die Bedingungen es gestatten, am Rand des Kraters zu stehen und in das höllenartige Innere unseres Planeten zu blicken. Im Prinzip ähnelt sie der Besteigung des schiefen Turms von Pisa: Hat man das Erlebnis einmal gemacht, wiederholt man es nicht alle Jahre, da es immer dasselbe ist, und es bedarf eines ganzen Jahrzehnts oder deren zwei, um das Bedürfnis zu nähren, es erneut zu machen. Eingehende Kenntnis von der Landschaft des Ätna zu erwerben aber ist kein Anliegen, das den durchschnittlichen Touristen antreibt, und nichteinmal der Bergfreund wird dem besonders aufgeschlossen sein. Die Zahl derer aber, die ein Gebiet aus leidenschaftlichem Interesse für seine belebte oder unbelebte Natur bereisen, dürfte eher gering sein.
Sich aufgeschlossen zu verhalten gegenüber dem, was die Päsidentin des Verbands der Fremdenverkehrsfürer von Sizilien vorgetragen hat, hieße, Sizilien in eine Provinz Deutschlands oder der Niederlande zu verwandeln. Wer verlangt, dass die Weltgegend, die er bereist, sich in derselben Weise darstellt wie die, in der er zuhause ist, sollte lieber dort bleiben, wo er sich befindet. Eine Reise zu unternehmen ohne dass da ein Wille ist, etwas zu erfahren und etwas zu lernen, ist Anmaßung und Zeitverschwendung zugleich. Natürlich hat der Tourist, dem von seinem Fremdenverkehrsunternehmen ein Luxusappartement mit Klimaanlage und Blick aufs Meer versprochen wurde und der sich nun in einem Mittelklassehotel mit stickiger Luft und Aussicht auf einen Parkplatz wiederfindet, Anspruch auf Schadenersatz; aber ein Recht, sich auf gut asfaltierten Straßen bewegen zu können, keine Armeleuteviertel und keine verfallenen Häuser zu Gesicht zu bekommen und nicht mit den Problemen der Gegend konfrontiert zu werden, in die er seinen Fuß setzt, gibt es nicht. Ich will damit nicht sagen, dass Sizilien, um Sizilien zu bleiben, alle Unzulänglichkeiten bewahren muss, die man dort antrifft; aber es muss achtgeben, dass es nicht die Fehler anderer Länder oder anderer Gesellschaften imitiert, welche diese als Tugenden erachten, nur weil man dort aus langer Tradition an sie gewöhnt ist. Obwohl wir in einem vereinten Europa leben, wissen die verschiedenen Bevölkerungen recht wenig voneinander, und weil das Wenige, das sie wissen, nicht in ein Gesamtbild integriert ist, lässt sich sein wirklicher Wert nicht annähernd einschätzen. Die Vorstellung, die jemand von einem anderen Land hat, bleibt zwar meist unterhalb eines Vorurteils, aber doch deutlich entfernt von einem angemessenen Urteil. Nicht immer haben jene Recht, die, wie wir Deutschen, reich und mächtig sind – auch irrige Überzeugungen und unhaltbare Grundsätze vermögen zuweilen für die, welche sie pflegen, nützliche Wirkungen zu entfalten.
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