di Santo Scalia
Perché ricordare, proprio oggi, la figura di Saro Ruspa, uomo semplice, figlio dell’Etna, uomo di poche parole e molti fatti – come lo dipinse, su questo blog, il figlio, Alfio Di Carlo?
Perché proprio oggi sono trascorsi trent’anni dal 13 maggio 1992, giorno in cui Saro, alla guida del suo inseparabile mezzo, un escavatore Fiat Allies FL14, entrava nella Valle del Bove con in mente un grande proposito e con tanta risolutezza: intervenire sulla colata lavica che, ormai da 151 giorni – dal 14 dicembre 1991 – interessava il versante orientale dell’Etna.
Abbiamo già trattato dell’eruzione del 1991-93, della distruzione della Val Calanna, del pericolo che minacciava la cittadina di Zafferana Etnea e degli interventi effettuati con esplosivi per tentare di controllare il flusso lavico. In quest’ultimo tentativo, determinante fu il lavoro portato avanti, a 2000 metri di quota, con l’escavatore (la ruspa di Saro) affiancato da un altro mezzo meccanico (un Caterpillar CAT 235).
Il 7 maggio 1992, come descritto da Barberi et Al. nella pubblicazione riportata in coda all’articolo, «It became absolutely clear that this method of proceeding was not producing results and it was decided to request the intervention of mechanical excavators»; dato che i risultati ottenuti con gli esplosivi non erano stati quelli che ci si aspettava si decise di richiedere l’intervento di escavatori meccanici.
E qui entra in gioco Rosario Di Carlo. Si era già distinto in occasione dell’eruzione del 1983 per la sua abilità nella guida del suo mezzo, la ruspa, con il quale era quasi un tutt’uno, tanto da venire con esso identificato.
Il 13 maggio, lasciata la Strada Mareneve (nel tratto che da Fornazzo conduce al Rifugio Citelli) all’altezza della cosiddetta Casa Pietracannone (oggi Punto Base n° 16 del Parco dell’Etna) il mezzo cingolato si diresse verso Monte Fontane, per poi raggiungere la Casa Fichera, fortunatamente scampata, insieme alla sua cisterna, alle lave del 1979.
Da lì si inoltrò nel deserto lavico della Valle del Bove, procedendo “a vista”, superando rilievi, canaloni ed insidie di ogni genere. Impiegò due giorni interi per superare, con la pala alzata, quasi 8 chilometri. Dopo aver fuso il motore, averlo sostituito con uno nuovo, giunto da Torino, e consegnato con l’intervento di un elicottero, dopo aver rotto, e poi riparato, uno dei cingoli, giunse finalmente a quota 2000, nel luogo individuato dagli esperti per la realizzazione di un canale artificiale di invito, a fianco della colata ma 4 metri più in basso, in prossimità di una finestra sull’ingrottamento lavico.
Lavorò in condizioni terribili, sempre a rischio, fino al 29 maggio. Solo allora il tunnel lavico fu ostruito totalmente e la lava cominciò a ripercorrere la stessa strada che aveva cominciato a percorrere cinque mesi prima. Ancora una volta l’uomo aveva combattuto contro il vulcano.
Immediato giunse il riconoscimento per questo enorme sforzo: il 2 giugno 1992 l’allora Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro conferì a Di Carlo la nomina a Cavaliere della Repubblica: «Il Presidente della Repubblica / Capo dell’Ordine “Al merito della Repubblica Italiana” / ha conferito / l’onorificenza di Cavaliere / al Signor Rosario Di Carlo / con facoltà di fregiarsi delle insegne stabilite per tale classe».
All’onorificenza presidenziale si aggiunse anche il diploma di benemerenza con medaglia dalla Protezione Civile: «Il Sottosegretario di Stato per il coordinamento della protezione civile conferisce a Rosario Di Carlo il presente diploma di benemerenza, con medaglia, a testimonianza dell’opera prestata, con vivo spirito di sacrificio e abnegazione, durante l’emergenza “Etna 1991-92”».
L’opera di Rosario non si esaurì con l’estinguersi dell’eruzione del 1991-93: il percorso tracciato con la ruspa trent’anni fa è ancora fruibile dagli escursionisti. Il 12 maggio del 2013 il sentiero che da Pietracannone conduce alla Valle del Bove è stato intitolato a Saro Ruspa. Una targa è stata posta lì dove inizia la traccia che lui stesso creò e che consentì alla Protezione Civile di portare a termine l’operazione “Tappo” che salvò Zafferana dalla lava.
Sulla targa posta all’inizio del sentiero è stato scritto: «Rosario Di Carlo / noto a tutti come “Saro Ruspa”, / lascia una traccia indelebile nella storia dell’Etna, / la sua impresa è stata determinante nella riuscita / “dell’Operazione tappo”. / In memoria perenne la famiglia pose».
E ancora, il 13 maggio 2017 a Biancavilla – città natale di Rosario – uno slargo in Via Della Montagna, in prossimità del cimitero del paese, è stato dedicato alla sua memoria: adesso è il Piazzale Cav. Rosario Di Carlo.
Rosario ha lasciato questo mondo nel 2010, all’età di 71 anni, ma il suo ricordo è sempre con noi.
Per una completa ed esauriente descrizione dell’eruzione e delle azioni eseguite per controllare il flusso lavico si rimanda alla pubblicazione The control of lava flow during the 1991-1992 eruption of Mt. Etna, pubblicata nel 1993 da F. Barberi, M. L. Carapezza, M. Valenza, L. Villari in Journal of Volcanology and Geothermal Research (n. 56 , pag. 1-34).
Una raccolta di frame, tratti da VHS dell’epoca della collezione personale, sono esposti nella fotogallery allegata. Doveroso è un ringraziamento al figlio di Rosario, Alfio Di Carlo, per la disponibilità manifestata nel fornire informazioni e documenti sull’opera del padre.
Le precedenti quattro parti sono state pubblicate su questo blog il 14 dicembre 2021: Trent’anni fa la grande eruzione dell’Etna del 1991-1993 (parte 1), il 23 dicembre 2021: C’era una volta… la Val Calanna: Trent’anni fa la grande eruzione dell’Etna del 1991-1993 (parte 2), il 9 aprile 2022: Zafferana Etnea in serio pericolo. Trent’anni fa la grande eruzione dell’Etna del 1991-1993 (parte 3) e il 21 aprile 2022: Bombe contro il vulcano – Trent’anni fa la grande eruzione dell’Etna del 1991-1993 (parte 4)
Con il titolo: Rosario Di Carlo in azione con la sua ruspa (frame da VHS dell’epoca – collezione personale)
Commenti recenti